13 luglio 2016 19:48

Un nuovo episodio dell’annosa polemica sui ritocchi con Photoshop. Stavolta le discussioni sui limiti da non oltrepassare, sull’illusione della verità colpiscono una grande star della fotografia: Steve McCurry. Il fotografo statunitense è diventato famoso in tutto il mondo per il suo intenso ritratto di una ragazza afgana, scattato in un campo profughi vicino a Peshawar, in Pakistan e uscito sulla copertina di National Geographic nel 1985. Esponente di spicco dell’agenzia Magnum Photos, uno dei fotografi più in vista del National Geographic e uno dei più grandi venditori di cartoline e di libri di viaggio illustrati, è stato sorpreso con la mano sul mouse.

Molti suoi lavori hanno un aspetto diverso sul suo sito personale e su quello dell’agenzia. Spesso nelle sue immagini si nota anche un intervento estetico sulla colorimetria e in certi casi l’aggiunta o la scomparsa di determinati elementi della foto. McCurry quindi ha dovuto prendere posizione, e lo ha fatto sulla rivista Time. “Sono un narratore di storie, non un fotoreporter”, ha scritto. E noi ne prendiamo atto.

La polemica un po’ assurda che ruota intorno a questo concetto di verità dovrebbe spostarsi su un altro tema. Per esempio sulla domanda: dove finisce uno scatto? Steve McCurry, per come interviene sulle sue immagini, è un buon punto di partenza per capirlo.

Questa rubrica è stata pubblicata l’8 luglio 2016 a pagina 92 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it