05 marzo 2004 14:16

Il movimento gay americano, con la sua battaglia per il riconoscimento delle unioni civili e dei matrimoni, ha avuto almeno un effetto positivo. La triste figura del cripto-omosessuale appartiene al passato, e altrettanto si può dire dell’omosessuale che tenta di “sposare” un eterosessuale, aggravando così l’infelicità di tutti. Potrà sembrare un modo obliquo per affrontare il tema dell’orrendo film di Mel Gibson sulla passione di Cristo.

Ma in questi giorni mi è tornato in mente quel che mi ha raccontato un suo conoscente: a quanto pare, una serata con Mel equivale a un’orgia infinita di battute, noiose ma esplicite, sul sesso anale. La notizia mi è stata in seguito confermata da altre fonti.

Ben prima di farsi portabandiera di un cattolicesimo sul genere di quello del generalissimo Franco e dei persecutori di Dreyfus, Mel Gibson ha avuto una breve notorietà per i suoi volgari attacchi ai gay. Adesso è diventato l’orgoglioso produttore di un film che, per fare effetto, punta sul narcisismo maschile sadomasochista. Com’è noto, la cultura della pseudo-virilità delle camicie nere e brune ruotava intorno a fantasie omoerotiche represse, al gusto kitsch per le uniformi, all’ossessione per le frustate e all’odio per gli ebrei, considerati persone raffinate ed effeminate. Ma a questo punto mi viene spontaneo chiedere: avete visto il film di Gibson?

A mio parere è un segnale molto sano per la nostra società il fatto che tanti ebrei abbiano deciso di restare calmi e di non lasciarsi ferire dal film, e che tanti cristiani neghino di nutrire sentimenti più ostili verso gli ebrei da quando l’hanno visto. Negli Stati Uniti esiste un consenso sociale che fa sentire più sicuri gli ebrei e meno insicuri i cristiani. È una cosa bellissima; ma The Passion resta un film antisemita nelle intenzioni e il suo regista un antisemita di natura. Uno che il giorno prima nega la Shoah e il giorno dopo fa un film in cui accusa gli ebrei di aver assassinato Cristo, se non è antisemita ci va molto vicino.

Basta scorrere l’intervista che Gibson ha concesso al Reader’s Digest. L’intervistatrice era l’indulgente Peggy Noonan. Che a un certo punto gli ha fatto una domanda che lui si aspettava. Gli ha chiesto di “fare il bravo” e ammettere che la Shoah c’è stata davvero. La risposta di Gibson è stata un secco “no”: tutt’al più riconosce che nell’ultima guerra sono morte moltissime persone, e che tra le vittime c’erano senza dubbio tanti ebrei. L’intervista è una delle cose più gelidamente indifferenti che ho mai letto.

Nelle parole di Gibson manca il riconoscimento del fatto che la guerra è stata scatenata da un partito fascista al potere, convinto che ci fosse un complotto ebraico mondiale, e che di conseguenza tutti quelli che vi hanno perso la vita sono stati, in un certo senso, vittime dell’antisemitismo.

Quindi evitiamo di usare eufemismi. Mercoledì 25 febbraio la chiesa pentecostale Lovingway united (“Uniti sulla via dell’amore”) di Denver ha affisso un cartello con scritto “Gli ebrei hanno ucciso il Signore Gesù”. Credo sarete d’accordo con me che quella chiesa ridicola ha un nome assurdo. Ma i suoi anziani, o come si fanno chiamare, non hanno potuto vedere il film, perché la prima era quello stesso mercoledì delle Ceneri. E non avevano scelto il loro slogan a caso. Anzi: ci pensavano da un pezzo, e il film li ha ringalluzziti, incoraggiandoli a “fare outing” con la copertura di un film porno-devozionale.

Tra di noi qualcuno se l’aspettava. Spero e credo che in America l’effetto sinistro sarà attenuato da anni di convivenza civile. Ma pensate a ciò che accadrà quando Gibson continuerà a guadagnare con il suo film in paesi come l’Egitto o la Siria, oppure nell’Europa dell’est, dove la situazione è un po’ meno rosea. Come si fa a credere che non abbia previsto, anzi cercato, questo risultato?

Alcune bugie

Nel tentativo di aumentare i consensi alla sua opera, Gibson ha annunciato qualche settimana fa di aver tagliato la scena dove una folla inferocita di ebrei chiede a gran voce che il sangue di Gesù ricada sul capo dei propri figli (scena che si incontra solo in uno dei quattro Vangeli). Gibson ha mentito. La scena è ancora lì, in aramaico: è stato tolto solo il sottotitolo in inglese. Negli altri paesi i propagandisti potranno sottotitolarla come gli pare, il che è coerente con il complessivo squallore morale del progetto di Gibson.

Anche il suo produttore ha mentito quando ha detto che il papa – che Gibson disprezza – aveva approvato il film. Ha mentito perché non ha mostrato il film in anticipo a nessuno che potesse criticarlo. Preferisce invece intervistatori servili che, stregati dal divo, gli fanno solo domande addomesticate. Ora che la sua cinica macchina pubblicitaria comincia a sfornare dollari, eccolo lì che piagnucola per tutti i sacrifici che ha fatto per il Signore. È un codardo, un arrogante, un fanfarone e un omofobo violento. Questa storia la conosciamo bene, e nel caso ve lo stiate domandando, si chiama fascismo. È un film che non siamo tenuti a rivedere.

*Traduzione di Marina Astrologo.

Internazionale, numero 529, 5 marzo 2004*

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