28 settembre 2006 12:22

Nel mondo cristiano ci sono molti papi: la chiesa copta ne ha uno, e anche la chiesa ortodossa d’oriente vanta un patriarca o santo padre. Ma ormai abbiamo preso l’abitudine di usare questo termine per indicare il vescovo di Roma, e questo è un male, per vari motivi.

Conferisce una specie di autorità suprema al capo di una sola delle sette cristiane, contribuendo a dare ai non cristiani l’impressione che il capo del cattolicesimo romano rappresenti una porzione maggiore dell‘“occidente” di quanto non faccia in realtà. Durante una visita in Germania Joseph Ratzinger, nel tentativo di rivitalizzare la sua chiesa moribonda, ha complicato ulteriormente il già difficile dialogo tra l’Europa e il mondo islamico.

Vi invito a leggere il testo completo della lezione che ha tenuto all’università di Ratisbona. Dopo una frettolosa introduzione, il papa ha citato un passo di Manuele ii Paleologo, un imperatore bizantino del quattordicesimo secolo. Si dice che un giorno il sovrano intavolò una discussione con un non meglio identificato persiano sul cristianesimo e l’islam.

Il bizantino disse al persiano: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. Poi il monarca di Costantinopoli dalle vesti di porpora aggiunse: “Per convincere un’anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte”.

Non occorre essere musulmani per giudicare ipocrita la citazione di questo dialogo. Il cristianesimo, poco importa se bizantino o romano, non si sarebbe mai affermato se la fede non fosse stata imposta a suon di violenza e crudeltà. L’esempio preferito dai musulmani per autocommiserarsi è che furono i crociati cattolici a saccheggiare e dare alle fiamme la Bisanzio cristiana mentre erano diretti in Palestina, ma non prima d’aver sistematicamente perseguitato gli ebrei: cosicché il mondo musulmano non fu che la terza vittima di tanta barbarie.

Ma di tutte le espressioni che avrebbe potuto usare per suggerire alla religione che forse è giunta l’ora di spezzare l’antico legame con la conquista, l’intolleranza e la soggezione, Ratzinger ha scelto un esempio fatto apposta per ricordare ai suoi ascoltatori gli eccessi del medioevo.

È evidente che l’accenno a Manuele ii non è casuale né aneddotico: Ratzinger lo cita anche nel paragrafo conclusivo.

Adesso ci tocca sentire le patetiche scuse presentate dal suo portavoce e poi da Ratzinger in persona. Ma serviranno solo a convincere i musulmani infuriati che minacciando rappresaglie ed emanando qualche fatwa possono ottenere l’ennesima marcia indietro. Intanto sono successe le solite cose: una suora è stata uccisa in Somalia e alcune chiese cristiane sono state profanate in Palestina.

Tuttavia, leggendo il discorso ci si rende conto che, se il caso l’avesse fatto nascere in Turchia o in Siria anziché in Germania, il vescovo di Roma avrebbe potuto diventare un musulmano ortodosso. Diffida dell’islam perché quest’ultimo sostiene che la sua rivelazione è assoluta e definitiva, ma intanto afferma che l’apostolo Giovanni ha pronunciato “la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio”.

E se i musulmani credono che Maometto sia andato in trance e abbia scritto sotto dettatura di un arcangelo, Ratzinger prende per vera la leggenda altrettanto improbabile secondo cui san Paolo ricevette in sogno l’ordine di evangelizzare in nome di Cristo. Fraintende Maometto quando dice che il profeta proibì la “costrizione nelle cose di fede” solo quando l’islam era debole.

Ma avrebbe potuto citare le numerose sure che contraddicono questo messaggio all’apparenza benevolo. È il solito problema: se metti in discussione insistentemente la rivelazione e il dogma di un’altra religione, induci l’interlocutore a pronunciare un “tu quoque” a proposito della tua. Com’è avvenuto in questo caso.

I musulmani che protestano sono degli ingrati. In quasi tutti gli scontri tra l’islam e l’occidente o tra l’islam e Israele, il Vaticano ha preso una posizione equidistante oppure ha fatto da ventriloquo alle lamentele dei musulmani. Dall’inizio alla fine del suo discorso a Ratisbona, l’uomo che modestamente si considera il vicario di Cristo in Terra ha condotto un attacco implacabile contro l’idea che la ragione e la coscienza individuale si possano preferire alla fede.

Ha preteso che il termine logos possa significare insieme “ragione” e “parola”, il che è vero in greco ma non nella Bibbia, dove è presentato come la verità divina. Ha menzionato di sfuggita Kant e Cartesio, non ha citato Spinoza e Hume, e ha cercato di far credere che in fin dei conti religione, illuminismo e scienza siano compatibili. Il nuovo capo reazionario della chiesa di Roma ha “offeso” il mondo musulmano, e al tempo stesso ci ha chiesto di diffidare dell’unica arma affidabile di cui disponiamo in questi tempi bui: la ragione.

Ottimo lavoro, non c’è che dire.

*Traduzione di Marina Astrologo.

Internazionale, numero 660, 22 settembre 2006*

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