09 gennaio 2015 11:56

Presto diventerò mamma e mi sono già posta il grande interrogativo: dovrò veramente raccontare la raccapricciante storia della cicogna?–Chiara

Nel tuo passaggio da figlia a madre imparerai che, rispetto ai tempi in cui eri bambina tu, le cose sono cambiate parecchio. Posso quindi tranquillizzarti: quella storia della cicogna non la racconta più nessuno. E neanche la storia dei neonati sotto il cavolo o quella delle api e dei fiori, se è per questo. Ma, anche se ci siamo sbarazzati del mondo animale e vegetale, quando spieghiamo i fatti della vita ai bambini non siamo ancora del tutto trasparenti.

I nemici del parlar chiaro oggi si chiamano “semino”, “ovetto” o “pancia”, e sono i buffi protagonisti di una storia astratta e piuttosto incomprensibile che la maggior parte dei genitori racconta ai figli. Poi succede che una bambina di sei anni, per esempio la mia, ti guarda dritto negli occhi e ti chiede: “Sì ma, di preciso, come fa l’uomo a mettere il semino nella pancia della donna?”. A quel punto mi sono sentito ridicolo, così ho messo sedute le mie figlie gemelle e gli ho spiegato una parola che pensavo impronunciabile: il sesso. E poi pene e vagina, sperma e ovuli. E già che c’ero ci ho messo anche la fecondazione assistita.

Parole chiare e semplici, senza nessuna pietà. In realtà l’unico imbarazzato ero io. Ma mi sono sentito subito meglio quando mia figlia mi ha detto: “Ok, adesso ho capito”.

Questo articolo è stato pubblicato il 9 gennaio 2015 a pagina 12 di Internazionale, con il titolo “Senza pietà”. Compra questo numero | Abbonati

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