06 marzo 2015 09:58

Io, italiana, e il mio compagno, ungherese, vogliamo avere un figlio. Venendo da culture diverse riusciremo a trovare un modo comune di essere genitori?–Lulù

Visto che l’Ungheria non è l’Arabia Saudita, non credo che dovrai fare chissà quali compromessi pedagogici. Però la vostra nazionalità potrebbe diventare un problema se un giorno decideste di separarvi, perché fare un figlio con uno straniero impone un vincolo geografico molto più forte rispetto alle altre coppie. Quando abitavo a Ginevra, un’amica australiana ha portato le sue tre figlie in vacanza a Perth e alla fine dell’estate ha chiamato l’ex marito svizzero dicendo: “Sai che c’è? Ho deciso di ritrasferirmi qui”. Peccato che nel giro di quarantott’ore sia stata richiamata dall’Interpol che le ha detto: “Sai che c’è? Devi tornare subito a Ginevra”.

Non era una criminale: venuto meno l’unico motivo che l’aveva portata in Svizzera le era venuta una voglia matta di tornare a casa dai suoi amici, dalla sua famiglia. Però non era giusto portarsi le figlie del suo ex dall’altra parte del globo. Trovo molto bello che oggi le famiglie internazionali siano così tante, ma i problemi che sorgono se la coppia si separa mi fanno pensare al vecchio detto “moglie e buoi dei paesi tuoi”. Siccome però esiste anche il detto “l’amore è cieco”, ognuno faccia figli con chi vuole: l’importante è essere coscienti che sarà un impegno di lungo termine, comunque vadano le cose.

Questo articolo è stato pubblicato il 6 marzo 2015 a pagina 12 di Internazionale, con il titolo “Mogli e buoi”. Compra questo numero | Abbonati

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