27 marzo 2015 13:20

Come rispondere a mia figlia di tre anni che mi chiede perché alcune persone hanno la pelle nera?–Giorgio

Betty, la maestra d’asilo delle mie figlie gemelle in Svizzera, era una ragazza nera sempre vestita all’ultima moda. Mentre una delle bambine mi descriveva nei minimi dettagli abiti, scarpe e gioielli della sua maestra, l’altra mi ha chiesto: “Ma Betty è nera?”. Preso alla sprovvista, ho dato la risposta più idiota che potessi dare: “Ehm… non lo so”. Ma lei ha detto: “Sì, lo è”.

Il giorno dopo ne ho parlato con Betty, la quale mi ha detto che mia figlia era interessatissima alla questione del colore della pelle, che le aveva chiesto di vedere le foto di tutti i suoi parenti per vedere di che colore fossero. Ero mortificato, ma lei mi ha tranquillizzato: “È un segno di maturità. Tutti i bambini prima o poi devono rendersi conto che esistono delle differenze etniche tra gli individui, anche se di solito lo fanno in età più avanzata. Che notino le differenze è giusto, perché da quel momento in poi cominciano ad accettarle e a smettere di farci caso”.

Negli anni successivi ho dovuto rispondere a domande sul perché “certi cinesi sono inglesi” e “certi africani sono svizzeri”, e a quel punto sono ricorso alla storia e alla geografia: per un bambino è facile capire che gli esseri umani hanno tutti la stessa origine, poi si sono spostati e differenziati e ora si stanno di nuovo un po’ mischiando. Perché ai bambini interessano i fatti, non i pregiudizi.

Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2015 a pagina 16 di Internazionale, con il titolo “Che razza di domande”. Compra questo numero | Abbonati

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