28 aprile 2017 13:25

Mia figlia di quattro anni ha smesso di chiamarmi babbo e mi chiama per nome. Non sono preoccupato, però mi dispiace. –Orfeo

Era un tiepido pomeriggio d’autunno danese (che corrisponde a una gelida notte d’inverno italiana) ed ero seduto con un gruppo di genitori in un parco giochi di Copenaghen. Mi tenevo attaccato agli altri per ripararmi dalle raffiche di vento boreale che mi tagliavano il viso mentre i bambini giocavano sulle altalene. A un certo punto ci ha raggiunto Karla con il piccolo Magnus, tre anni, in tutù. Proprio così: aveva addosso un tutù svolazzante sopra dei leggins colorati e nient’altro.

Vederlo in quelle condizioni mi ha messo i brividi: “Karla, ma con questo freddo non potevi mettergli un ermellino da regina delle nevi? O un vestito da Elsa nel palazzo di ghiaccio? O qualunque cosa che gli risparmi l’assideramento?”. Lei ha alzato gli occhi al cielo: “Non me ne parlare, ormai vuole scegliersi i vestiti da solo e non ci si ragiona più”. A quel punto ho smesso di parlare perché un soffio di vento mi ha definitivamente congelato la mascella, ma altrimenti le avrei detto: “Karla, con i bambini di tre anni non ci si ragiona, decidono i genitori e basta”.

Ed è quello che dovete fare anche voi: decidere che vostra figlia ti chiami babbo, perché è un titolo che ti guadagni ogni giorno e a cui tieni. Vedrai che non ci vorrà molto tempo: bandite il tuo nome dalle conversazioni in famiglia per qualche settimana e lei si adeguerà in un batter d’occhio. E già che ci siete, avvertitela anche che d’inverno non si esce di casa in tutù.

Questa rubrica è stata pubblicata il 28 aprile 2017 a pagina 12 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it