30 agosto 2016 17:01

I benpensanti hanno già dimenticato il bambino di Aleppo, i malpensanti vi accennano ancora soltanto per dire che i bambini ammazzati da Obama sono molto più numerosi di quelli ammazzati da Putin e Assad, che l’ambulanza del filmato è linda come quelle di Hollywood, che chi ha girato il film è amico dei califfi, che i bambini morti o malconci danno sempre un bel giro di vite alle storie con cui il potere ci abbindola, che la guerra è guerra e non contempla giardini d’infanzia, che i ragazzini stessi possono essere bombe e ce ne dobbiamo proteggere, che noi infine – noi che ci commuoviamo e non possiamo sopportare che il mondo debba andare come va – siamo solo vecchi piagnoni pronti a berci il falso come se fosse vero.

Ma c’è poco da benpensare o malpensare, in quel filmato c’è una verità che strazia. Il bambino si tocca la testa col dorso della mano, col palmo. È disorientato, si guarda le dita sporche di sangue, esita, si pulisce sulla stoffa del sedile. Lo fa e già strofina anche l’altra mano non insanguinata, le strofina entrambe con un movimento veloce, avanti e indietro, ricorrendo alla strategia dei bambini quando sentono il peso di un atto colpevole e provano a trasformarlo in un’azione fintamente irriflessa, svagata, quindi incolpevole. Riguardatevi il filmato: Omran Daqneesh, che dovrebbe rimproverarci, teme che lo rimproveriamo.

Questa rubrica è stata pubblicata il 26 agosto 2016 a pagina 14 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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