20 dicembre 2016 12:48

Leggere il mondo, ecco una metafora sempre viva e vegeta. C’è un numero vertiginosamente crescente di persone che per professione leggono la realtà e poi ne scrivono su carta o su quella sterminata fabbrica di parole che è la rete. Questo è sicuramente un bene: più siamo, a dire la nostra, e meglio è. Il problema caso mai è che non ne azzecchiamo una.

Se una volta tra il momento oracolare e il momento in cui era chiaro che l’oracolo aveva detto una sciocchezza passava un bel po’ di tempo, oggi i fatti che smentiscono le parole arrivano insieme alle parole stesse. Tuttavia noi seguitiamo a sfornare opinioni con disinvoltura. Tanto, se abbiamo torto oggi, avremo ragione domani, e nel caso che “domani” tardi, chi ci impedisce di cambiare le carte in tavola fingendo che sono sempre state le nostre? La verità è che il fiume in piena delle letture del mondo farebbe bene a ingorgarsi un momento. Dovremmo chiederci se non prendiamo troppe sviste, se gli occhi con cui leggiamo sono ancora buoni, se non abbiamo ormai uno sguardo un po’ meccanico, se il male dell’automatismo non l’abbiamo trasmesso ai nostri discepoli.

Per decifrare l’oggi dobbiamo sperare che, come in tutti i tempi in cui ogni cosa è tumultuosamente a rischio, si affaccino ventenni senza maestri. O almeno dotati di uno sguardo così sveglio e colto, da inventarseli secondo le necessità.

_Questa rubrica è stata pubblicata il 16 dicembre 2016 a pagina 14 di Internazionale__, con il titolo “Il fiume in piena”__._ Compra questo numero_|_ Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it