07 marzo 2017 16:58

L’uso che i poliziotti francesi, qualche settimana fa, hanno fatto del manganello non ha originato un particolare interesse per questo oggetto di culto del buon fascista. Nessuno, per esempio, gli ha dedicato, sui giornali, titoloni con allusioni sessuali come invece è accaduto di recente alla patata. Eppure non c’era bisogno di chissà quale inventiva, considerati i fatti. Ma si sa, col manganello non si scherza. È potenza virile. Castiga, atterra, umilia. Soprattutto penetra nel corpo della cittadinanza irrispettosa per tutelare poteri sempre meno rispettabili.

Non a caso il manganello affiora anche nelle convinzioni di alcuni nostri coraggiosi poliziotti, blanditi qui in patria dove il senso di colpa per il nostro fascismo è zero, ma respinti in Germania dove, come dice Safran Foer, la memoria della colpa resiste, anche se non si sa per quanto ancora. Senza contare che esso troneggia al centro del mondo, nella cultura di Bannon e nei bandi di Trump, dove fa da sfollagente. Il manganello – diciamolo – è anche metaforicamente nelle dita di noi signori coltivati quando battiamo sui tasti parole per distruggere l’altro. Perché il fascismo è un antichissimo scatto di ferocia degli uomini contro altri uomini, dei quali si nega l’umanità. Sebbene solo da un secolo lo abbiamo battezzato qui in Italia con quel nome, esiste da sempre e cova in chiunque, nessuno escluso.

Questa rubrica è stata pubblicata il 3 marzo 2017 a pagina 16 di Internazionale con il titolo “Potenza virile”. Compra questo numero| Abbonati

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