04 novembre 2013 12:01

La verità è che l’argomento mi appassiona, ma mi serviva un buon pretesto per tornare a scriverne dopo appena quattro giorni. Il pretesto eccolo: rispondere ad alcuni dubbi e quesiti sollevati nei commenti al post su “Uno di noi”. Ringrazio quindi lettrici e lettori per avermi permesso di fare chiarezza su alcuni punti.

Titolo. Il titolo del post era “Un embrione tra noi”. Quello che ha fatto sobbalzare alcuni lettori è l’introduzione pubblicata sulla pagina Facebook: “Domani si chiuderà trionfalmente la raccolta firme per la campagna antiabortista europea ‘Uno di noi’. La lobby dei laici incassa il colpo”. Quelle frasi le ho scritte io, quindi non sparate sul titolista! Sulla loro presunta e discutibile ironia mi soffermo oltre. Qui ricordo solo che Internazionale non è Famiglia Cristiana. O meglio: gli articoli selezionati e tradotti cercano di dare voce a posizioni diverse, ma tra le firme di Internazionale trovate Claudio Rossi Marcelli, non Magdi Cristiano Allam.

Lobby. Molte persone sembrano attribuire un significato oscuro e sgradevolissimo alla parola. Per chi vive à Bruxelles è invece di uso comune. Si stima che qui lavorino intorno ai 30.000 lobbisti - persone che rappresentano e difendono gli interessi di diversi settori presso le istituzioni europee (e per “diversi settori” s’intende praticamente tutto, dai lavoratori del lino francesi a Scientology). Se volete farvi un’idea della varietà che regna nel mondo delle lobby brussellesi, potete consultare il Registro per la trasparenza, dove questi gruppi di interesse sono caldamente invitati (ma non obbligati) a iscriversi. “Rappresentare e difendere interessi” non vuol dire “esercitare pressioni”, ma informare, spiegare, anche esortare, entro i limiti della trasparenza e della legalità. O almeno così dovrebbe essere. Di questo mondo ho avuto modo di discutere con Martin Pigeon, un esperto di Corporate Europe Observatory (un osservatorio delle lobby industriali), con Matthieu Lietaert, ex lobbista diventato documentarista (uno dei due autori di The Brussels Business) e con Pier Luigi Petrillo, docente di teoria e tecniche del lobbying alla Luiss, oltre che con una serie di lobbisti. Fidatevi: uso sempre la massima cautela nel maneggiare la parola.

Laici. Nel contesto del post, per “laico” si intende chi chiede che valori e organizzazioni religiose non abbiano nessuna influenza su istituzioni e politiche pubbliche. I laici, quindi, sono a favore non dell’aborto ma del diritto di abortire (come lo sono alcuni cattolici).

Lobbisti laici. Riconosco di aver usato l’espressione senza le dovute spiegazioni ma credetemi, esistono. Tra i lobbisti che a Bruxelles frequentano Parlamento e Commissione per difendere le loro posizioni presso eurodeputati e funzionari ci sono anche loro: i rappresentanti degli interessi dei laici (ne avevo parlato qualche tempo fa qui). Il nome della lobby è Federazione umanista europea, anche se di fatto a Bruxelles si appoggia a un’associazione belga, le Centre d’action laïque. Naturalmente eurodeputati e funzionari sono corteggiati anche dai rappresentanti delle lobby religiose. Quelle tra lobbisti laici e religiosi sono tra le tante battaglie che fanno da sfondo all’elaborazione delle politiche europee.

Per farvi un esempio, il 22 ottobre il Parlamento doveva pronunciarsi sulla Relazione sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi presentata dall’eurodeputata socialista Edite Estrela. Il documento (definito “molto progressista” persino da un lobbista laico!) merita di essere letto per intero. Tra le tante proposte e raccomandazioni ce ne sono alcune che hanno comprensibilmente scandalizzato gli eurodeputati più conservatori.

  • [Il Parlamento] sottolinea che occorre offrire scelte riproduttive e servizi per la fertilità in un quadro non discriminatorio, ed esorta gli Stati membri a garantire l’accesso ai trattamenti per la fertilità e alla procreazione medica assistita anche per le donne senza un partner e le lesbiche;
  • […] sottolinea che gli Stati membri dovrebbero regolamentare e monitorare il ricorso all’obiezione di coscienza nelle professioni chiave in modo da assicurare che l’assistenza sanitaria in materia di salute riproduttiva sia garantita come diritto individuale;

  • […] sottolinea che l’educazione sessuale deve includere la fornitura di informazioni non discriminatorie e la comunicazione di un’opinione positiva riguardo alle persone LGBTI, così da sostenere e tutelare efficacemente i diritti di giovani LGBTI.

Il 18 settembre la relazione era stata approvata dalla Commissione diritti della donna e uguaglianza di genere del Parlamento europeo con 17 voti a favore, 7 contrari e 7 astenuti, risultato che aveva rallegrato il campo laico. Con l’avvicinarsi della votazione in plenaria il lavoro di lobbying si è fatto più intenso. Molti eurodeputati avevano le idee chiare su come votare, altri invece erano ancora incerti. Il 22 ottobre la seduta è stata accesa. Commentando la relazione, l’eurodeputato della Lega Nord Claudio Morganti ha dichiarato:

Il paragrafo 53 del testo ci invita poi a trasmettere un’opinione positiva delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Mi chiedo cosa voglia dire. Siamo passati da una giusta lotta contro le discriminazioni a un’esaltazione di una condizione che non è normale in natura, e con questo intendo dire che la natura ha creato l’uomo e la donna per unirsi e procreare, consentendo così la continuazione della specie e della vita. Provo orrore laddove leggo che si debba garantire l’accesso ai trattamenti per la fertilità e la procreazione medica assistita anche alle donne senza un partner e le lesbiche. È il trionfo dell’egoismo personale. L’uomo e il suo egoismo non possono stravolgere quello che Dio e la natura hanno creato.

Intervento che non è garbato agli eurodeputati Ulrike Lunacek e Michael Cashman, entrambi omosessuali. La prima ha chiesto a Morganti di ritirare il suo giudizio sull’anormalità di lesbiche, gay, bisessuali e transgender e gli ha chiesto se avesse mai fatto sesso senza l’intento di procreare. I verbali della plenaria sono consultabili online.

Alla fine il Parlamento, con 351 voti favorevoli, 319 contrari e 18 astensioni, ha chiesto “alla commissione competente di riesaminare il dossier”. La relazione non è stata bocciata, ma il voto è stato comunque una sconfitta per i lobbisti laici. Ecco un comunicato uscito sul sito di “Uno di noi” che parla, tra le altre cose, della Relazione Estrela.

Ironia. Ho riletto il post e non vi ho trovato traccia di ironia. La conclusione della prima fase di “Uno di noi” è stata davvero trionfale, perché anche se 1,6 milioni di firme su circa 380 milioni di cittadini europei maggiorenni sono poche, “Uno di noi” finora è la seconda Iniziativa dei cittadini europei di maggior successo dopo “L’acqua è un diritto umano”. Trionfale anche perché è con questo spirito che la coordinatrice europea dell’iniziativa, Ana del Pino, mi ha descritto l’esito della raccolta firme. E i lobbisti laici hanno effettivamente incassato il colpo: non erano certi che la soglia del milione di firme sarebbe stata superata, si sono dovuti ricredere. Ora si stanno già concentrando sulla prossima fase: approfittare dei mesi che mancano all’audizione pubblica in parlamento per spiegare a eurodeputati e funzionari perché, secondo loro, dare seguito a questa richiesta sarebbe un errore. E quando dico che l’audizione sarà imperdibile, lo penso davvero.

È difficile fare dell’ironia di fronte a un attacco così deciso (anche se indiretto) al diritto all’aborto. E viene l’amaro in bocca a pensare che alcuni dei firmatari potrebbero aver aderito all’iniziativa senza capire cosa c’è veramente in gioco.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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