25 settembre 2014 10:16

Evelyne Axell, Il muro del suono, 1966.

Era il 1914 quando Alice Guy-Blaché, la prima donna regista della storia, lanciava il suo invito: “Tournez, mesdames!”. Da allora in molte hanno seguito le sue orme, ma per le donne la strada della regia è ancora un percorso a ostacoli, spesso un vicolo cieco: tante le ragazze nelle scuole di cinema in tutto il mondo, pochissimi invece i film girati da donne, e meno ancora quelli che arrivano nelle sale cinematografiche. Marie Vermeiren è la coordinatrice di Elles tournent, il festival del cinema delle donne di Bruxelles che oggi inaugura la sua settima edizione.

Prima del 2008 il Belgio ha mai avuto un festival del cinema delle donne?

Sì, c’è stato un festival a Bruxelles dalla fine degli anni settanta fino, se ricordo bene, al 1983. All’epoca ero uno studentessa, strappavo i biglietti all’ingresso. Ricordo una grande euforia e la voglia, come oggi, di ritrovarsi e vedere cose che difficilmente si potevano vedere altrove. C’erano registe come Chantal Ackerman, attrici come Delphine Seyrig… Purtroppo poi in Belgio il femminismo ha subito un backlash, un contraccolpo più forte che altrove.

Finché, venticinque anni dopo…

Ci siamo lanciate! Perché il problema persiste: ci sono pochi film girati da donne. Nel 2010 abbiamo pubblicato uno studio, Elles tournent en chiffres, andando a chiedere alle istituzioni pubbliche come finanziavano i progetti di film. Abbiamo visto che c’era uno squilibrio spaventoso tra i progetti presentati da uomini e quelli presentati da donne. Questi ultimi ricevevano appena il 19 per cento dei finanziamenti nel Belgio francofono e il 9 per cento nelle Fiandre. Ma nelle scuole di cinema metà degli studenti sono donne! Il sistema non funziona. Con il festival vogliamo mostrare che ci sono donne che fanno film straordinari, innovatori, e che bisogna permettere loro di lavorare e favorire la diffusione delle loro opere. Anche perché la situazione sta peggiorando: nel 2000 in media il 12 per cento dei film nelle sale era girato da donne, oggi siamo intorno al 7 per cento. Nel 2012 il delegato generale del Festival di Cannes, Thierry Frémaux, ha reagito alle critiche sulla selezione esclusivamente maschile dicendo che i film si scelgono sulla base della qualità, non del genere. Ecco, ha dimostrato di non rendersi minimamente conto del problema.

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Di fronte ad atteggiamenti di questo tipo, come bisogna reagire?

Bisogna fare altri studi, perché se non abbiamo i numeri sotto mano nessuno ci crede. Inoltre quest’anno organizzeremo un pomeriggio d’incontro tra registe belghe per confrontarci e mettere a punto una strategia.

Ogni anno Elles tournent presenta dei film di registe giovanissime, alcune non ancora diplomate. Un modo concreto per dar loro una spinta?

Proprio così. Quest’anno avremo sei giovani registe marocchine, che studiano o si sono diplomate alla Scuola superiore delle arti visive di Marrakech. La scuola è stata aperta nel 2006 e su 200 giovani che la frequentano il quaranta per cento sono ragazze! Proietteremo anche Female directors, un film straordinario di una giovane regista cinese, Yang Ming Ming. In Cina non ha ottenuto il permesso di distribuzione, io l’ho scoperto nel 2013 alla prima edizione del Festival del cinema delle donne di Pechino: lo proiettavano in una galleria d’arte.

Tra i tanti documentari ce n’è uno dedicato a un’artista belga ingiustamente dimenticata, Evelyne Axell.

È un documentario magnifico, che spiega molto bene il suo processo creativo. Se pensi che è stata la prima donna a dipingersi nuda, già nel 1960! Subito dopo proiettiamo un cortometraggio di una regista armena, Mariam Ohanyan, girato con una telecamera nascosta al British museum, dove scopriamo che l’Armenia… non esiste, è stata cancellata! Abbiamo riunito i due film perché trattano entrambi dell’oblio, che non è mai casuale: la storia viene sempre ricostruita, ed è una storia scritta da una prospettiva maschile, “His-story”.

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Oltre ai cortometraggi che aprono o chiudono le varie proiezioni proponete una selezione di corti intitolata “Vive le féminisme”. Una sorta di giro del mondo dei movimenti femministi del momento?

In effetti è una selezione di voci dal mondo, perché in tutto il mondo le donne ne hanno abbastanza e fanno dei video per dirlo. Certo, è attivismo più che cinema, ma è comunque importante ascoltare queste donne. C’è per esempio il collettivo belga LilithS, o le spagnole della Célula armada de putas histéricas, che per il loro video sono ricercate come se fossero vere terroriste, ti rendi conto? Proietteremo anche “Defined lines”, la parodia della canzone “Blurred lines” fatta da alcune studentesse di legge neozelandesi. YouTube aveva tolto il loro video giudicandolo provocatorio, ma in seguito alle proteste è stato rimesso, anche se dopo due mesi. È successa una cosa simile in India con il video “It’s your fault”, in cui due star di Bollywood hanno voluto denunciare le violenze contro le donne. Anche loro sono state criticate e sono dovute andare in televisione a dare spiegazioni!

Quasi tutte le registe saranno presenti durante il festival.

Sì, e questo per noi è un regalo immenso. Purtroppo non ci sarà Liz Miller, canadese, per presentare il suo En la casa, la cama y la calle, documentario su una serie televisiva che ha avuto un successo enorme in Nicaragua, girata interamente da donne. Però verrà una ricercatrice dell’università di Lovanio che ha fatto la sua tesi di dottorato proprio su questa serie. La proiezione sarà preceduta da un altro documentario bellissimo, Playing with fire di Anneta Papathanassiou, una regista teatrale greca che ha provato a portare in scena Antigonea Kabul. Ma potrei andare avanti ore a parlarti di tutti i film…

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Il festival Elles tournent si svolge dal 25 al 28 settembre al Botanique, mentre il 29 e il 30 ci saranno delle proiezioni speciali alla Cinematek e al Vendôme.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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