10 ottobre 2016 19:14

Ivan Carozzi, Teneri violenti
Einaudi, 151 pagine, 17 euro

La precarietà non è soltanto una condizione di lavoro, è uno stato d’animo, una febbre d’ansia. È “un disincanto più tenace del desiderio”, “un segreto amore per la sconfitta”. Così dice il protagonista di Teneri violenti, un trentenne che lavora con un contratto a termine per un programma tv satirico di prima serata. Il suo compito è fare ricerche sulla cronaca dal 1970 al 1985. L’archivio gli svela un passato italiano che ogni giorno diventa più reale della sua Milano, città evanescente dove lui si nutre esclusivamente di pizza e aperitivi.

Il protagonista si stacca con sempre maggior difficoltà dal passato scoperto in archivio. Trenta o quarant’anni fa, c’era chi si fece arrestare per le sue convinzioni politiche, chi si uccise per amore, chi uscì di notte cercando di proteggere una giovane trans, suo figlio, dalla violenza della strada. Dal monologo interiore con cui è raccontata la storia, le figure incontrate in archivio emergono come vividi, preziosi sogni.

Alcune sono figure storiche (Pier Paolo Pasolini, Aldo Moro), altri forse frutti dell’invenzione. Sono in ogni caso più presenti della donna, Silvia, con cui il protagonista intraprende un rapporto. E l’archivio con il passato dell’Italia si rivela una metafora potente. Un romanzo da leggere.

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