08 febbraio 2013 12:51

Un commento del direttore Alessandro Sallusti sul Giornale dimostra in modo impressionante dove porta la macchina del fango di questa campagna elettorale. Sallusti attacca Oscar Giannino, giornalista liberale dal look spesso pittoresco, reo di non ritirare la sua lista Fare per fermare il declino, ostacolando così la corsa del Cavaliere in Lombardia.

La lista del giornalista sta “naufragando sotto il peso della megalomania del suo leader”, si agita Sallusti, sfoggiando il solito servilismo verso Sua Emittenza. Poi rincara la dose: “L’ego di Giannino è superiore pure a quello di Berlusconi, del quale non ha né il carisma né le doti. Più si avvicina il voto, più il probabile flop rende il giornalista-politico astioso, rancoroso, vendicativo. Adesso sappiamo: il programma di Giannino non è collaborare con altri liberali per costruire un’Italia più libera e moderna. No, è pugnalare i suoi elettori consegnando la Lombardia e magari l’Italia a Vendola, Bersani e, perché no, Ingroia. Questo succede quando grandi idee sono nelle mani di piccoli uomini accecati dall’ambizione, dalla mania di protagonismo e dall’odio personale contro chi ha più  successo di loro”. 

Ospite di Lilli Gruber il 7 febbraio, dopo un duro

botta e risposta con Giannino Sallusti si è scusato, perché avrebbe dovuto scrivere non “piccoli uomini”, ma ”piccoli uomini politici”. Tutto lì. È bizzarro che sia proprio il direttore del Giornale a distribuire le pagelle sulla megalomania in una campagna elettorale degenerata in parata di candidati maschi ed egotici, supportati da giornalisti maschi ed egotici.

Come Michele Santoro, che non si limita a fare da moderatore, ma sconfina regolarmente nei comizi. Come Marco Travaglio, che ha ritenuto utile informarci sulla sua scelta elettorale. Voterà per Beppe Grillo e Antonio Ingroia. Un vate che sceglie due profeti. Tutti personaggi dall’autostima notevole. Come l’ex procuratore di Palermo Ingroia che, folgorato sulla via del Guatemala, sparge quotidianamente veleni e vanità e non esclude di tornare in magistratura. Perché le regole sembrano fatte solo per i comuni mortali. 

Gli fa compagnia il suo rivale Nichi Vendola che dichiara quotidianamente la guerra a Mario Monti, con il quale “si rischia di perdere.” Sono i partitini sotto il 5 per cento i più attivi a fissare i paletti e a dividersi i voti non ancora conquistati. Pier Ferdinando Casini, scivolato sotto il 3 per cento, urla per l’ennesima volta il suo no al compagno Nichi. E il Cavaliere che farnetica di quattro milioni di posti di lavoro? E Brunetta che presenta ogni giorno una nuova proposta per avviare la crescita? Ormai gli argini si sono rotti sotto il peso dell’egomania dilagante.

Ed è facile immaginare come saranno le due settimane che ci separano dalle elezioni. Perfino un lettore del Giornale le immagina così. “Adesso dal Giornale si attende un dossier cucito su misura dove magari Giannino ammazza una vecchietta”.

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