28 gennaio 2015 13:09

Non c’era bisogno di un’ulteriore prova del fatto che il Movimento 5 stelle non ha una strategia politica credibile. Ma il balletto che i grillini hanno inscenato per la corsa al Colle lascia di stucco perfino molti simpatizzanti del movimento. Prima si decide di non ripetere le quirinarie di due anni fa, per un motivo non del tutto chiaro. “Perché l’ultima volta ci hanno bocciato tutti i candidati”, sostiene Andrea Cecconi. Ma è solo una mezza verità, perché tutti ricordano che i primi eletti, Milena Gabanelli e Gino Strada, avevano messo in chiaro di non avere la minima intenzione di cambiare lavoro e buttarsi nella mischia per il Quirinale.

Così il movimento ha preso un’iniziativa che Paolo Becchi definisce “un raro esempio di schizofrenia politica”: ha chiesto al suo arcinemico Matteo Renzi una lista di quattro nomi da sottoporre al voto della propria base. Un po’ come se Nichi Vendola chiedesse a Silvio Berlusconi dei nomi da proporre ai propri sostenitori.

Allo stesso tempo il movimento rifiuta l’invito a partecipare alle consultazioni del Pd sulla corsa al Colle. Grillo fa sapere che non ha nessuna intenzione di incontrare il “buffoncello” Renzi. Ma poche ore dopo il metodo cambia ancora. Grillo e Casaleggio invitano con una lettera i quattrocento parlamentari del Pd a esprimere delle preferenze da sottoporre al voto della base. Il tentativo fallisce perché le risposte sono solo sei.

Poco dopo arriva un nuovo contrordine da Grillo e Casaleggio: le quirinarie si fanno, e ci dev’essere il nome di Prodi. Mercoledì mattina un’assemblea dei parlamentari convocata in fretta e furia deve stilare la lista. Vengono proposte dozzine di nomi – da Imposimato a Cantone, da Borsellino a Settis, da Ainis a Scarpinato, da Magalli a Benigni.

Nel frattempo, il movimento subisce un nuovo esodo di nove parlamentari, alcuni dei quali ricevono pesanti insulti dagli ortodossi come Paola Taverna: “Ma vadano dove vogliono, portandosi appresso la loro squallida valigia di cartone piena di false promesse, le stesse che hanno sbandierato in campagna elettorale e che oggi li vede pontificare in conferenza stampa, insieme al vuoto cosmico che alberga nelle loro testoline. Il tempo è galantuomo e questa gente non merita neppure i giorni che li dividono dalla resa dei conti, quella che li consegnerà alla storia come i peggiori dei traditori”.

Per Paolo Becchi, tra i nomi proposti per il voto lampo sulla rete, la decisione dei nove sottolinea il fallimento dell’M5s: “Questi lasciano perché la rete è diventata una farsa, perché l’M5s ha sbagliato tutte le mosse di una partita in cui avrebbe potuto mettere davvero in difficoltà Renzi e Berlusconi. Lasciano perché la tattica dei cinque stelle è incomprensibile, schizofrenica e fallimentare”.

Resta da vedere se il nome di Becchi comparirà nella rosa dei nomi da sottoporre alla base giusto qualche ora prima dell’inizio del voto. Nulla sembra impossibile, dato che Alessandro Di Battista ha proposto perfino Pier Luigi Bersani, duramente aggredito nel memorabile streaming dopo le ultime elezioni.

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