20 agosto 2015 12:54

È un dibattito abbastanza surreale in un mondo globalizzato, difficilmente immaginabile in altri paesi europei. Oggetto della contesa: tra i nuovi direttori di venti musei italiani scelti dal ministero dei beni culturali ci sono sette stranieri. Un fatto mai successo prima.

Un’assoluta novità è anche il concorso internazionale con una giuria di altissimo livello, che ha rispettato scrupolosamente la parità di genere: dieci donne e dieci uomini. Sei dei tredici direttori italiani sono stati richiamati in patria dopo prestigiosi incarichi all’estero. I sette stranieri vivono in Italia o hanno passato molti anni nel paese. Il più giovane, l’archeologo tedesco Gabriel Zuchtriegel, nuovo direttore del parco archeologico di Paestum, insegna all’università della Basilicata.

Dov’è lo scandalo, si chiederebbe un qualsiasi cittadino europeo. Non così in Italia, dove l’annuncio del ministro Dario Franceschini ha suscitato immediatamente velenose polemiche. Ovviamente il primo a salire sul ring è Vittorio Sgarbi: “La scelta di fare un concorso per i direttori dei principali venti musei italiani è un atto politico pericoloso che il ministro pagherà. È solo un’operazione d’immagine”.

Gli fa eco il critico Philippe Daverio: “I nomi non sono all’altezza. Queste decisioni indicano che lo stato ha gettato la spugna. È una scelta demenziale”. Il direttore appena licenziato della galleria dell’Accademia di Firenze Angelo Tartuferi si spinge oltre e denuncia l’esito del concorso internazionale e trasparente come un’umiliazione nazionale: “L’arrivo degli stranieri è l’ammissione di una sconfitta del nostro paese. Quello delle belle arti è un mestiere che abbiamo inventato noi e i tedeschi sono venuti a studiare qui”.

Gioisce invece il fronte opposto: “Sarà uno shock salutare per la foresta pietrificata dei nostri beni culturali”, si rallegra Giuliano da Empoli. “A dirigerli non saranno più i soliti funzionari vestiti di grigio e marrone”. Il presidente del Fai Andrea Carandini parla dell’inizio di una nuova era: “Il criterio è ottimo: uomini e donne, italiani e stranieri, con formazione e curriculum diversi. Viviamo in un mondo nuovo”.

Ovviamente nella contesa scendono anche i partiti politici. La Lega nord definisce il ministro dei beni culturali Dario Franceschini “nemico dell’italianità dell’arte”, il Movimento 5 stelle parla di “triste spettacolo” e di “colonizzazione”.

La vera domanda da porsi è cosa potranno fare i nuovi direttori vista la cronica mancanza di mezzi

Le polemiche sugli stranieri nei musei sono campanilistiche, perché sono decine gli italiani che occupano posti di prestigio nei musei stranieri. Recentemente Gabriele Finaldi ha lasciato il Prado di Madrid per approdare alla direzione della National gallery di Londra. Ma nella patria della raccomandazione e delle spinte politiche l’importanza del curriculum tarda ancora ad affermarsi. “Ora potrei mettermi sul mercato”, annuncia il direttore degli Uffizi. Fa bene. E si accorgerà che all’estero nessuno avrà da ridire sulla sua nazionalità.

Ma la vera domanda da porsi dopo la terapia d’urto del ministro Franceschini è un’altra: cosa potranno fare i nuovi direttori – italiani e stranieri – per valorizzare i loro musei che soffrono di una cronica mancanza di mezzi e di personale, di problemi strutturali e di rigidità burocratiche e sindacali ? L’ottanta per cento dei quattrocento musei italiani non ha un book shop, solo nell’un per cento c’è un ristorante.

Gian Antonio Stella, uno dei giornalisti più impegnati sul disastrato fronte delle belle arti, definisce ottima la scelta di Franceschini, ma invita a non lasciare soli i neonominati. E s’immagina i problemi che dovrà affrontare Zuchtriegel a Paestum: “Le lampadine rotte delle bacheche, i campi falciati malamente, i cartelli con le indicazioni in stato pietoso, le pizzerie che incombono sulla strada che mozza a metà l’anfiteatro…”.

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