05 novembre 2013 16:55

Bob Dylan durante un concerto all’Hollywood Palladium di Los Angeles, il 12 gennaio 2012. (Christopher Polk, Getty Images for VH1)

Bob Dylan ha cominciato da qualche giorno il suo nuovo tour italiano. Il cantautore di Duluth ha suonato a Milano dal 2 al 5 novembre. Il 6 e il 7 novembre sarà a Roma, e chiuderà a Padova l’8 novembre.

Sono stato [al Teatro degli Arcimboldi][1] sabato scorso. Forse è stato il più bel concerto di Dylan che ho visto dal 2001 a oggi. Merito delle canzoni dell’ultimo album Tempest, che sono l’ossatura centrale della nuova scaletta, ma anche di una performance vocale niente male rispetto agli standard di Dylan, famoso per maltrattare le sue canzoni. Come sanno i suoi fan, Dylan è il primo a voler fare a pezzi il mito di sé stesso. Desolation row, suonata a sorpresa a metà del concerto, è stato il momento migliore della serata. E la più recente Long and wasted years si è confermata una grande canzone anche dal vivo.

Per chi è stato ai concerti milanesi, o per chi aspetta le date romane e quella a Padova, ecco nove video che raccontano la carriera live di Mr. Zimmerman. Per completezza: alcuni dei video [li avevo già usati][2], ma non potevano non entrare anche in questa lista.

Partiamo con A hard rain’s a-gonna fall, suonata durante un programma della televisione canadese Cbc nel 1964. Bob era giovanissimo, aveva solo 23 anni. Ma aveva già scritto canzoni del genere.

A metà degli anni sessanta Bob Dylan ha inaugurato la sua “svolta elettrica”, passando dalla musica di protesta degli esordi a un più visionario ibrido tra folk e rock. Per molti integralisti questo stile era “pop” e tradiva gli ideali della contestazione. Dylan era diventato un traditore.

Al festival folk di Newport, nel 1965, dove di solito i cantanti si esibivano rigorosamente in acustico, Dylan si è perfino permesso di portare la band, suonando un set che ha fatto infuriare il pubblico tradizionalista. Si racconta che il cantautore Pete Seeger era così arrabbiato che voleva tagliargli i cavi elettrici degli amplificatori.

A molti però, forse per la rabbia, è sfuggito il fatto stava succedendo qualcosa di storico. Questa

Maggie’s farm è talmente arrabbiata che sembra quasi punk.

Uno scontro frontale proseguito anche l’anno successivo. Nel 1966 alla Free trade hall, a Manchester, Dylan viene contestato durante un concerto. Gli show del cantante, in quella tournée, erano divisi in due parti. La prima totalmente acustica, alla vecchia maniera, e la seconda elettrica insieme al suo gruppo spalla dell’epoca, quella che poi sarebbe diventata The Band.

Durante il concerto di Manchester di quell’anno, un fan gli grida: “Giuda”. Dopo l’offesa, si sente un applauso, seguito da altre grida. Un uomo urla: “Non verrò mai più ad ascoltarti!”, Dylan gli risponde: “Non ti credo”, poi dopo una lunga pausa, aggiunge “Sei un bugiardo”.

Poi, in uno di quei momenti che tanto piacciono agli appassionati di rock, si gira verso la band e dice: “Play it fuckin’ loud” (Fate casino, potremmo tradurre senza usare parolacce). E attacca una

Like a rolling stone dal sapore storico. Urlata come se fosse l’ultimo giorno del mondo.

Nel documentario di Martin Scorsese No direction home viene ricostruito proprio questo momento.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Tra il 1975 e il 1976 Bob Dylan ha messo in piedi la più sfarzosa baracconata della sua carriera: il Rolling Thunder Revue, un tour itinerante di 57 date attraverso gli Stati Uniti al quale hanno partecipato, tra gli altri, Joan Baez, Roger McGuinn, Ramblin’ Jack Elliott e T-Bone Burnett.

Il risultato lo potete vedere in questa versione acustica di *****Tangled up in blue*****, pezzo estratto dall’album Blood on the tracks. Bob per l’occasione ha la faccia dipinta di bianco, e sembra quasi un po’ glam.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Questo è un estratto da The last waltz, storico documentario del solito Scorsese sul concerto di The Band e ricco di ospiti speciali. Tra questi non poteva mancare Dylan, che in realtà non avrebbe voluto essere filmato. La canzone è Forever young.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Negli anni ottanta Dylan ne ha fatte di tutti i colori. Dalla svolta gospel e cristiana degli album Slow train coming, Saved e Shot of love al flirt con il pop di Empire burlesque. Uno dei miei pezzi preferiti di questo periodo però è Jokerman, tratto dal disco Infidels. Eccone una versione live, registrata al Dave Letterman Show nel 1984.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Facciamo un salto agli anni novanta. Questo video è estratto dall’Mtv unplugged del 1994. Knockin’ on heaven’s door è un classicone di Bob, qui restituita in una versione un po’ decadente. La voce di Mr. Zimmerman comincia a perdere colpi, ma la classe è intatta.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Restiamo nello stesso decennio. Time out of mind, registrato con Daniel Lanois, è forse l’album più bello del Dylan maturo. E Love sick è uno dei pezzi migliori.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Tra le performance più recenti, ce n’è una che mi ha colpito molto. Si tratta di The times they are a-changin’, suonata alla Casa Bianca per un concerto dedicato ai diritti civili organizzato Barack Obama. Il velo di malinconia della voce di Dylan, unito a questo arrangiamento un po’ jazzato, ridà vita al pezzo, così distante eppure così vicino allo spirito degli anni sessanta.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Giovanni Ansaldo lavora a Internazionale. Si occupa di tecnologia, musica, social media. Su Twitter: @giovakarma

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it