27 febbraio 2015 17:44

The Tallest Man On Earth, Sagres
Lo senti suonare e pensi che venga dal Mississippi, o al massimo dal Texas. Invece The Tallest Man On Earth, al secolo Kristian Matsson, è nato in una piccola città della Svezia. Fino a oggi era specializzato in canzoni voce e chitarra, in piena ortodossia folk. Il suo quarto album, Dark bird is home, uscirà a maggio e per la prima volta è stato registrato con una band. Una svolta sonora inevitabile, a questo punto della sua carriera. Chissà se qualcuno gli griderà “Giuda!” per aver tradito il folk, come accadde a Bob Dylan negli anni sessanta.

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Pretty vicious, Cave song
La storia dei Pretty vicious è tanto breve quanto interessante. Il più giovane del gruppo ha 16 anni, il più “vecchio” 18. Vengono da Merthyr Tydfil, un posto nel sud del Galles dove per loro stessa ammissione “non c’è niente da fare”. Hanno tenuto il loro primo concerto a dicembre (sì, dicembre). Eppure hanno già un contratto con la Virgin Emi (album di debutto in arrivo) e quest’estate suoneranno al festival dell’isola di Wight, insieme ai Fletwood Mac. Sembra il classico curriculum da next big thing usa e getta da dare in pasto alle riviste inglesi. L’unica canzone che hanno pubblicato finora è Cave song, un punk-rock in salsa Oasis/Arctic Monkeys. Niente male.

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Algiers, Blood
Gli Algiers sono una band di Atlanta, che pubblicherà nei prossimi mesi il suo album di debutto. Blood è il loro secondo singolo. È un brano notevole, una specie di “protest song” contemporanea contro il razzismo negli Stati Uniti. “Tutto il mio sangue è stato versato invano”, canta il frontman del gruppo Franklin James Fisher, invocando il suo orgoglio black.

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Django Django, First light
Gli scozzesi Django Django sono delle macchine da singoli. Tre anni fa hanno esordito con Default, un pezzo surf pop impeccabile con una melodia molto orecchiabile. Per tornare sulle scene hanno scelto First light, un altro brano senza troppo pretese, ma costruito in modo impeccabile.

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Simon Joyner, You got under my skin
Simon Joyner non è propriamente famoso, soprattutto fuori dagli Stati Uniti. Ma negli anni novanta è stato uno dei cantautori folk più influenti della scena di Omaha, nel Nebraska. Il suo percorso ricorda quello di Bill Callahan e Bonnie “Prince” Billy. Conor Oberst, quello dei Bright Eyes, lo considera un genio. Il tredicesimo disco di Simon Joyner, Grass, branch & bone, uscirà il 17 marzo. Il primo singolo, la ballata pastorale You got under my skin, fa molto ben sperare.

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