13 gennaio 2015 14:37

Elisabetta Bartuli è una traduttrice che si occupa di dialogo transculturale e di letteratura araba contemporanea. Ci ha aiutato a realizzare il numero 1083 di Internazionale, che conteneva testi di autori egiziani contemporanei, tutti tradotti dall’arabo. Le abbiamo chiesto qual è secondo lei la sfida principale quando si traduce da questa lingua.

“I tempi verbali. L’arabo è molto più logico dell’italiano, perché ha solo due momenti temporali, il passato e il presente: in arabo una cosa è conclusa o non è conclusa, non ci sono passati prossimi o trapassati che si accavallano. E una volta che hai dichiarato che sei nel passato, non hai bisogno di ribadirlo, puoi parlare al presente”. Affascinante. “Sì, perché questa facilità di attraversare il tempo condiziona il modo di raccontare”. E non è facile da tradurre.

“Conoscere la lingua non basta. Spesso purtroppo le traduzioni dall’arabo sono cariche di un immaginario tutto nostro, immobile, di cui invece dovremmo liberarci. Ma l’arabo è una lingua viva, che ci fa vedere cose! Tanti scrittori arabi si sono fatti conoscere all’estero scrivendo in inglese o in francese, ma leggere una traduzione dall’arabo significa leggere quello che un arabo dice agli arabi, non a noi. Ed è un’occasione preziosa, perché sono convinta che dobbiamo conoscerci”.

Questo articolo è stato pubblicato il 9 gennaio 2015 a pagina 12 di Internazionale, con il titolo “Facciamo amicizia”. Compra questo numero | Abbonati

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