15 ottobre 2016 18:00

Paul Veyne, Palmira. Storia di un tesoro in pericolo
Garzanti, 106 pagine, 15 euro

Nel 2015, dopo la distruzione di alcuni templi di Palmira da parte del gruppo Stato islamico e l’assassinio dell’archeologo Khaled al Asaad, lo storico Paul Veyne decise di scrivere questo libro in cui racconta la storia della città dell’impero romano. Ne è uscito il ritratto di un ambiente eccentrico, cosmopolita, caratterizzato da intensi scambi commerciali e culturali, ma anche da grandi disuguaglianze, posto al centro di una rete che congiungeva la Cina a Roma.

Qui si parlava greco e soprattutto aramaico, ebrei e manichei erano accolti presso la corte della regina Zenobia, che dopo aver regnato per conto di Roma rese la sua città indipendente dall’impero, proclamandosi augusta. Qui si facevano banchetti nei diversi santuari. Qui nasceva uno stile artistico astratto che mescolava il ritratto greco-romano con gli influssi orientali. Non tutto era pacificato in questa “Venezia d’oriente”, che più che apparire come un modello di convivenza serafica emerge dalle pagine di questo libro come un luogo diverso, poco conosciuto e dotato di caratteristiche specifiche. Studiare la storia di Palmira ci permette di relativizzare, di evitare il triste destino di “conoscere una sola cultura”, la nostra, e con esso “la condanna a vivere una vita soltanto, isolati dal mondo che ci circonda”.

Questa rubrica è stata pubblicata il 30 settembre 2016 a pagina 96 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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