20 giugno 2015 12:07

Hebe Uhart, Traslochi
Calabuig, 120 pagine, 12 euro

Chi ama la letteratura argentina si troverà a casa con questo libro, ma nella dimensione dell’immensa provincia e non della grande capitale, e non nel filone gaucho (Don Segundo Sombra) ma nell’altro che è forse cominciato con le storie di Pago Chico di Roberto Payró, all’inizio del novecento, mai tradotto in italiano, e di cui si ricorda con particolare affezione un gioiello di Manuel Puig, Una frase un rigo appena, a metà secolo.

Hebe Uhart è una vecchia signora che ha scritto racconti davvero belli, e di cui meritoriamente Calabuig pubblica Traslochi, che è più che un racconto lungo e narra avvicendamenti di case e generazioni, tra argentini di origine italiana e spagnola e altra che faticosamente inventano una nuova realtà sociale e culturale, nevroticamente bizzarri anche se all’interno di una tradizione tutta popolare e mai borghese.

La bellezza di Traslochi (l’ottima traduzione è di Maria Nicola) è nell’attenzione ai caratteri femminili, agli incroci e scontri tra le età, alle nevrosi e alle illusioni, ai destini prevedibili e a quelli imprevedibili, ma sta soprattutto nella scrittura, nel modo di narrare che è sottilmente distante, e mai intimista e malinconico come è della letteratura provinciale da sempre.

Tra il “costumbrismo” delle origini e l’Argentina di oggi, c’è stato Cortázar, e lo si sente. Auguriamo che Calabuig pubblichi altro, di questa indomita signora.

Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2015 a pagina 88 di Internazionale, con il titolo “Una provincia lontana”. Compra questo numero | Abbonati

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