11 luglio 2015 12:17

Tommaso Pincio, Panorama
Nn, 200 pagine, 13 euro

Il “panorama” di Pincio (un valente scrittore che si è voluto così postmoderno da scegliere come pseudonimo il nome italianizzato di uno dei suoi maestri) è una sorta di panopticon moderno e digitale, una “prigione perfetta” in cui tutti possono vedere, cioè controllare, tutti.

Il protagonista (su sfondo minuziosamente romano e di oggi) rivendica di non aver mai scritto che appunti banali, ma di aver letto di tutto accanitamente, in un paese dove, dice, tutti scrivono e pochi leggono. Diventa celebre come lettore perfetto, oggetto di spettacolo (legge in silenzio su un divano, su un palcoscenico, nell’adorazione di un pubblico pagante, tra festival e altri baracconi), ma dura poco, ché la vita gli riserva una brutta batosta e lo spinge in un ruolo nuovo, di perdente. C’è una donna, in questa vita non vissuta, una scrittrice misteriosa la cui vicenda mi fa pensare, più che all’ottima Ferrante, a un “caso” degli anni del boom, una scrittrice molto brava che si firmava Alarico Cassè (perché nessun editore riscopre i racconti di Il topo Chuchundra?), e ci sono molte storie, altri “destini incrociati”.

Più che una sensazione di alto gioco letterario, borgesiano, l’autore vuole però comunicarci, mi pare, l’amara riflessione che la letteratura non basta e non risolve, che la vita finisce sempre per avere il sopravvento e i letterati per trovarsi, più di altri, davanti al sentimento della vanità, della solitudine, del fallimento.

Questo articolo è stato pubblicato il 3 luglio 2015 a pagina 82 di Internazionale, con il titolo “La letteratura non basta”. Compra questo numero | Abbonati

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