16 ottobre 2015 16:14

Niccolò Ammaniti, Anna
Einaudi, 274 pagine, 19 euro

Nei romanzi di Ammaniti è un tema ricorrente quello di un’infanzia che deve vedersela da sola in un mondo molto violento. Qui la situazione è davvero estrema: una pandemia uccide tutti gli adulti ma non attacca i bambini, tuttavia condannati a diventare adulti, a un destino di morte. Nella letteratura di oggi tornano di moda le previsioni più nere della fantascienza socioapocalittica degli anni cinquanta e sessanta, e dicono che la società umana non ha futuro.

Alla morte dei genitori, Anna, siciliana di 13 anni con il fratello piccolo Astor da proteggere, deve vedersela, in uno scenario dove la natura accoglie malamente cadaveri ossificati o in piena putrefazione, con cento pericoli e con bambini e ragazzini che s’inventano riti e violenze. In giro per l’isola, e nella speranza di raggiungere la Calabria dove, forse, c’è ancora vita adulta, ad Anna e Astor si uniscono l’adolescente Pietro e un cane. Ma anche oltre lo stretto… Avanti, avanti verso dove?

L’autore non risparmia gli effetti più macabri e sembra (infantilmente) baroccamente goderne. La vecchia fantascienza migliore era più asciutta ed efficace (Ballard, Christopher e tanti altri) e più motivata e morale. In questo romanzo ridondante e prevedibile, ci si affeziona all’eroina ma non all’autore: il mondo non ha speranza, ma è come se lui ne godesse e, da scrittore, ne profittasse.

Questa rubrica è stata pubblicata il 12 ottobre 2015 a pagina 86 di Internazionale, con il titolo “Distopia infantile”. Compra questo numero | Abbonati

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