30 gennaio 2016 18:21

Roberto Bolaño, Notturno cileno
Adelphi, 124 pagine, 15 euro

Di Bolaño non ci si stanca mai. Questo romanzo, che torna in nuova e splendida traduzione presso Adelphi dopo essere uscito in un’altra ottima traduzione da Sellerio diversi anni addietro, è breve e denso. Consta di due soli periodi, il primo di 112 pagine e il secondo, quello finale, di una riga: “E poi si scatena la tempesta di merda”.

Il primo è il monologo di un gesuita cileno dell’Opus dei anche critico letterario e frequentatore di intellettuali. Di associazione in deviazione racconta – con una sortita fantasiosa e macabra in chiese europee per scoprire che i preti locali le proteggono dalla merda dei piccioni addestrando sadici falchi – la Santiago di Neruda, quella di Allende, quella di Pinochet e quella del dopo.

A Pinochet e al suo entourage il gesuita è chiamato a spiegare cos’è il marxismo, perché quelli possano meglio debellarlo, accompagnato da un altro intellettuale modello. Molti i personaggi reali e altrettanti quelli fittizi che ne nascondono di reali. Da una scatola cinese e da una rosa mistica all’altra, il monologo è quello di un vecchio che sa di morire e si sente perseguitato da un “giovane invecchiato” che è forse la sua coscienza.

Anche lui, come la gran parte degli intellettuali che incontra, vive la storia passivamente e “la tempesta di merda” del paragrafo finale è sia un’invocazione sia una constatazione.

Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2016 a pagina 80 di Internazionale, con il titolo “Prima della tempesta”. Compra questo numero| Abbonati

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