14 maggio 2016 11:51

Giuseppe Bufalari, La masseria
Hacca, 394 pagine, 17 euro

Pubblicato nel 1960, in pieno boom, grazie a Pratolini, Bilenchi e Luzi e lanciato da una recensione entusiastica di Montale, La masseria non ha avuto l’eco che meritava per il modo in cui affrontava l’enorme tema della riforma agraria nel sud.

Ci sono segni di neorealismo nella scrittura di un esordiente che era stato mandato, nel 1953, dalla Toscana in due masserie sperdute della Lucania come maestro e assistente sociale, a preparare il terreno a grandi cambiamenti, ma non nella visione durissima sia della realtà da cambiare sia in quella incipiente, che dimostra subito tutta la violenza del progresso. La masseria narra il sud magico di Levi e De Martino e quello sociale di Scotellaro e Dolci, ma nell’ottica di Pasolini, Bianciardi, Mastronardi ed è questo a renderlo un caso unico e storicamente esemplare, oltre che un grande e appassionante romanzo di cupa e antica vita contadina.

Il suo tema fu affrontato da grandi film e romanzi, ma qui si scoprono anche le ragioni del vecchio e non si celebra il nuovo in quanto tale (e si pensa al grande film di Kazan Fango sulle stelle, dello stesso anno ma sul New deal del 1933). Della Masseria Eugenio Montale scriveva: “Un libro vivo, brulicante di figure da kermesse, scritto senza ricerche di stile ma benissimo, con un’indipendenza di giudizio non comune tra gli autori engagé”.

Questo articolo è stato pubblicato il 6 maggio 2016 a pagina 108 di Internazionale, con il titolo “La lenta fine del sud contadino”. Compra questo numero| Abbonati

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