28 luglio 2016 13:14

Parliamo di un film che pochi hanno visto e pochi vedranno, grazie al dominio esercitato sulla programmazione nelle sale italiane da parte di pochi o pochissimi esercenti/distributori, un “sistema” cui dette un decisivo contributo Walter Veltroni, quando aveva potere. I lettori curiosi sono invitati a cercarlo affidandosi al caso, o ad aspettare che la piccola e coraggiosa casa distributrice ne stampi il dvd. Ne è autore il catalano Lluís Miñarro, che viene dalla produzione (di film del portoghese Manoel de Oliveira, del tailandese Apichatpong Weerasethakul e pochi altri registi ugualmente minoritari). Il suo esordio nella regia, Stella cadente, è uno dei film più bizzarri degli ultimi anni, che merita attenzione e rispetto proprio per essere così insolito.

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È un film “storico”, “in costume”, che racconta il brevissimo regno del piemontese Amedeo di Savoia, chiamato al governo della Spagna dal parlamento di quel paese, dilaniato da una di quelle crisi che sembrano irrisolvibili, da tensioni tra interessi, correnti, regionalismi, statalismi, da monarchici e repubblicani, da monarchici “di destra” e monarchici “di sinistra”. Il nuovo re è quindi confinato nel suo castello, ed è un fantoccio nelle mani di ministri che non stanno affatto a sentire le sue opinioni, che anzi se ne fregano e lo voglio re-travicello. Pochi i personaggi, dunque, un segretario factotum, un valletto, donne di corte e cameriere, e più tardi la moglie, fatta scendere dal Piemonte.

Si pensa all’inizio a un film sul tipo del (bellissimo) La presa di potere di Luigi XIV di Rossellini, lezione fredda di storia, e si è sconcertati da rotture e divagazioni che s’inseriscono nella narrazione e via via la deformano, ma pian piano si finisce per stare al gioco del regista, smettendo di stupirci o di reagire malamente all’impressione di venir presi per i fondelli. Si finisce per divertirci, accettando le fantasie e le realtà provocate dall’ambiente chiuso e ossessivo del castello, dal sentimento di impotenza del protagonista, dal suo oscillare tra accettazione e volontà di intervenire e di dire, di fare e di contare.

Da Rossellini si passa, mettiamo, a Buñuel, a Brecht, a Monteiro e via discorrendo, e la storia con la maiuscola va a farsi benedire, confusa da canzonette moderne, da citazioni e oculati rimandi attuali che servono al regista sia per prendere per i fondelli gli spettatori finto-colti, in particolare quelli spagnoli, ma anche per ripeter loro che la politica è una farsa, e che tra quel passato e questo presente del loro paese le differenze sono molto relative.

Sembra dunque che il regista voglia parlare di oggi servendosi dello ieri più paradossale nella storia di un paese diversificato e scombinato che, come tanti altri Italia compresa, fa ancora fatica a diventare nazione. Dopo essersi un po’ annoiati come Amedeo di Savoia, si entra nel gioco e ci si interroga, si sta sul chi vive, ci si diverte. Non fosse che per la sua originalità, Stella cadente è un film che lo spettatore non ottuso farebbe bene a cercare.

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