28 agosto 2016 15:23

Rafael Chirbes, La bella scrittura
Feltrinelli, 118 pagine, 13 euro

Forse il miglior libro di Chirbes, scrittore valenciano nato nel 1949 e morto un anno fa, è Sulla sponda, del 2013 (Feltrinelli), che ho letto con molto ritardo dopo La bella scrittura, del 1992, tradotto solo ora. Ma come spesso accade, i primi romanzi dicono di più sul progetto di uno scrittore di quanto non dicano i capolavori, punti di arrivo di un percorso e dotati ormai di una loro autonomia. Sulla sponda ruotava attorno a uno stagno, luogo privilegiato e simbolico di un presente meschino, il nostro, dove si agitano personaggi meschini.

Non sono eroi neanche i protagonisti di La bella scrittura, dal tono basso, dedicato “alle mie ombre”, ricordi e confessione al femminile di un passato qualsiasi, intreccio di vite comuni, di tensioni comuni. Sono piccole storie di famiglia nella Spagna di Francisco Franco. Amori e tensioni, legami che cambiano, simpatie che si rovesciano nel contrario, sono narrati da una voce femminile di vecchia a un figlio che le ignora. Chirbes conosce l’arte di radicare le storie comuni nella storia con la maiuscola, senza sforzo e senza insistenza, perché così è la vita, quella di tutti. Si cerca e non si trova un senso, un fine, “qualcosa che non avevamo immaginato che dovesse servirci e che intuivamo che si trovava da qualche parte in noi stessi, ma non sapevamo dove. Ci mancava la mappa per arrivare fino a quel luogo segreto. E vagavamo persi senza trovarlo” .

Questa rubrica è stata pubblicata il 19 agosto 2016 a pagina 85 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it