29 gennaio 2017 17:49

Andrea Piva, L’animale notturno
Giunti, 366 pagine, 16 euro

Un giovane sceneggiatore calabrese arenato a Roma, deluso dal mondo del cinema e dei salotti della capitale, vaga scontento finché non decide di comportarsi da ricco e giocare d’azzardo con la vita, incontrando persone da “grande bellezza” ma ben più radicate di quelle nella realtà della capitale e in una società imputridita. Di incontro in incontro, e anche di ragazza in ragazza, infine un vecchio ricco dal passato politico indeterminato lo trascina nella spirale del gioco online, dalla roulette al poker. Stravincono insieme (il vecchio e un suo amico vengono dall’economia politica e sanno di teoria dei giochi) e il nostro giovane “svolta”. L’insoddisfazione però resta, anzi cresce, perché sta superando “la linea di confine che divide l’uomo di coscienza dal figlio di puttana”.

L’io che narra ha molto dell’autore, caustico osservatore del presente che fa pensare a Walter Siti e a Enrico Montesano e pratica un’autocoscienza crudele. Ma anche l’autore si perde nella realtà come l’io narrante, divaga e ritorna dentro un girovagare ora necessario e ora a vuoto, che accumula e non sa stringere con la durezza cui sembra invece aspirare, del moralista che sa guardare e giudicare il nostro sciocco presente. Tra pagine e riflessioni acutissime, personaggio e autore osano e avanzano in una città che “sembra un cadavere seppellito a metà”.

Questa rubrica è stata pubblicata il 27 gennaio 2017 a pagina 80 di Internazionale, con il titolo “L’insoddisfazione del giocatore”. Compra questo numero| Abbonati

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