15 aprile 2017 17:01

Alarico Cassé, Il topo Chuchundra
Elliot, 252 pagine, 17,50 euro

Non c’è solo Elena Ferrante ad aver scelto di scrivere con uno pseudonimo. Molte scrittrici lo hanno fatto, e non poche hanno scelto un nome maschile. I racconti di Alarico Cassé, pubblicati da Feltrinelli nel 1963, furono un caso letterario molto discusso e tornano ora, finalmente, in libreria. Finalmente, perché Alarico Cassé, chiunque fosse nella realtà, autore di un solo libro, era un grande scrittore, ossia una grande scrittrice, erede insolita di Kafka e di Pirandello.

Narrava le storture della società nelle sue radici, nell’assurdo delle sue regole e della stessa condizione umana, con penna chiara e incalzante, con apparente freddezza carica bensì di violenza e di rivolta, sullo sfondo dei nostri anni del boom che andavano aprendo nuove strade al disumano. Alarico Cassé narrava dal punto di vista di personaggi inquieti, quotidiani ma estremi, che non accettavano l’ordine dato: bambini, donne, contadini, che non capiscono il mondo e se ne ritraggono, che gli dicono no, o lo maledicono.

Tanti sono i racconti indimenticabili e da antologia, come Il topo Chuchundra del titolo, l’uomo che ha paura di tutto, o I due fanciulli in odio all’automobile, o La rosa nera, che pure esiste ma deve morire come tutte le cose vive. O infine Gli scarponcini rossi che, nella società dei consumi, un uomo cerca disperatamente di trovare nei negozi per farne dono, ma trova di tutto meno che quelli.

Questa rubrica è stata pubblicata il 14 aprile 2017 a pagina 82 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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