06 luglio 2016 15:45

Caro Guido,
da un po’ di tempo mi è presa l’isteria di dover avere sempre sul comodino una rivista scientifica che contenga qualche recensione delle novità editoriali. Senza leggerne qualcuna, infatti, non riesco a dormire. Faccio otto ore di sonno difilato se, prima di chiudere gli occhi, ho letto qualcosa sui più recenti studi su qualche tema. Inoltre, più è specialistico o locale lo studio che viene recensito e più mi piace. Per stasera ho pronta la rassegna bibliografica dell’ultimo numero del Bollettino storico piacentino. Non so se questa cosa abbia qualche relazione col fatto che io stesso, da poco, ho iniziato a scrivere recensioni. Lo chiedo a lei.

—Alberto, Avellino

Caro Alberto,

che le recensioni possiedano al massimo grado la virtus dormitiva è nozione ormai acquisita dai bibliopatologi. Nel nostro ultimo congresso internazionale, che ho tenuto stamattina nella mia cabina della doccia, ho presentato una relazione proprio su questo tema: se vuoi puoi recensirla. Le recensioni scientifiche, poi, sono narcotici insuperabili. Specie se si tratta di scienze “dure” e il lettore è un molle umanista. Ricordo un magnifico gioco d’avventure che facevo da ragazzino con il mio primo computer, si chiamava The day of the tentacle; a un certo punto, l’unico modo per rubare la dentiera a un cavallo (come vedi l’avventura era piuttosto intricata) era addormentarlo leggendogli ad alta voce un manuale di istruzioni tecniche.

Walt Disney, Pippo & il sonno, Mondadori, 1985.

Ogni cosa stampata, però, può servire allo scopo. C’è chi usa l’orario ferroviario, chi il libro-dialogo tra Zagrebelsky ed Ezio Mauro, chi La nausea di Sartre, chi un saggio qualunque di semiotica (ti raccomando vivamente Greimas). Ai miei pazienti prescrivo spesso Althusser, alcune efficacissime pagine di Foucault e più in generale la French theory con le sue derivazioni italiane e strapaesane. Si è appurato che la biopolitica ha effetti più potenti del Minias, a parità di dosaggio. Per i filosofi di professione, che sono già assuefatti a questo tipo di supplizi, le dosi vanno ovviamente aumentate e il trattamento richiede una piccola integrazione; nel senso che, per un sicuro effetto soporifero, dopo aver letto uno dei tre tomi di Sfere di Peter Sloterdijk devono anche darselo in fronte con un colpo netto e deciso. Per gli insonni appassionati di scienze sociali, Parsons e Luhmann sono infallibili.

Certo, capita di commettere errori. Una volta, per curare un caso molto grave, prescrissi un vecchio libro di Toni Negri, Fabbriche del soggetto. Profili, protesi, transiti, macchine, paradossi, passaggi, sovversione, sistemi, potenze: appunti per un dispositivo ontologico. Gli effetti collaterali furono rovinosi, e a metà del titolo il paziente aveva le palpitazioni, sudava, si contorceva, invocava alternativamente la mamma e il giudice Calogero. Sono incidenti professionali che vanno messi in conto nella bibliopatologia sperimentale, ma l’importante è tener saldo il principio guida: qualunque libro, rivista o recensione può giovare. Anche il più sacro dei libri. In un memorabile episodio dei Simpson, Homer si addormenta ascoltando le genealogie bibliche lette dall’anchorman della Cnn Larry King. Basta che funzioni. Certo, mi dirai, era meglio quando la mamma mi addormentava con I cavoli a merenda di Sergio Tofano o con le Fiabe italiane di Calvino. Ma non tutto è perduto, magari un semiologo le ha recensite.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it