18 gennaio 2017 17:03

Caro bibliopatologo,
non sono mai riuscita a usare i segnalibri e invidio chi riesce a sfruttarli per la loro funzione. Quando provo ad adottarne uno mi rendo conto che non mi fido di lui e torno a controllare se il segno corrisponda effettivamente al punto in cui avevo lasciato la lettura! Cosa ne pensa?

–Amelia83

Cara Amelia83,
che cosa fanno le cose di casa nostra, quando non le osserviamo? Sappiamo ancora poco delle abitudini segrete degli oggetti cosiddetti inanimati, forse perché se ne sapessimo di più saremmo costretti a riabbracciare l’animismo dei primitivi. È evidente, per esempio, che matite e penne abbiano vita autonoma, altrimenti non si spiegherebbe il mistero della loro sistematica scarsità. Uno intasca di nascosto una dozzina di matitine Ikea (ebbene sì, sono reo confesso), e dopo qualche giorno è tanto se ne ritrova due o tre. Che cosa fanno? Organizzano riunioni clandestine, escogitano piani di fuga, scavano rifugi dietro il battiscopa, hanno complici nel reparto cancelleria?

La casa nasconde ma non ruba, si usa dire: ed è anche questa una frase animista. Ogni musicista sa bene che, per quanta cura abbia messo nel riavvolgere ordinatamente i cavi a fine concerto, la mattina dopo li troverà ingarbugliati in amplessi che sconcerterebbero anche un esperto di nodi marinari. Le orge notturne dei jack: ecco un altro tema da studiare. E poi i calzini spaiati (che approfittino della lavatrice per evadere, come suggeriva Jerry Seinfeld?), i cd che ci lasciano a piangere sul cenotafio di una custodia vuota, i servizi di calici decimati senz’ombra di cocci, uno dopo l’altro (…e poi non ne rimase nessuno), i termometri, gli auricolari.

A quanto pare anche un segnalibro (ne scrivi da genuina animista: “Non mi fido di lui”) può saltabeccare da una pagina all’altra. Davanti a te hai diverse scelte. Puoi interpretare quegli spostamenti alla luce dell’antica bibliomanzia, supponendo che il segnalibro voglia indirizzarti verso passi specifici per ragioni variamente oracolari o divinatorie. Puoi pensare che uno spirito stia usando i tuoi libri come tavole Ouija, magari per passarti nuovi scoop sulla prigione di Moro. Puoi dedurre che il segnalibro stia semplicemente leggendo il libro per conto suo, senza darti noie. O puoi decidere che non vuoi inserire corpi estranei nei tuoi libri, e ricorrere a uno degli altri mezzi largamente approvati (mai in modo unanime, tuttavia: ognuno ha i suoi capricci).

Pochissimi volumi, purtroppo, hanno una cordicella segnalibro. Alcuni hanno una sovraccoperta che si può infilare tra le pagine, come un lenzuolo rimboccato. E per gli altri? Ci sono le orecchie, mi dirai tu, ma la necessità di debellare quest’uso barbaro è forse la sola ragione che mi spinge a invocare una giunta militare. Insomma, qualcosa devi pur mettere per tenere il segno. Non mi sogno di demistificare il tuo animismo, ti suggerisco però di usare oggetti fidati, delle cui buone intenzioni magiche non puoi dubitare. Mia madre usava la carta argentata dei pacchetti di sigarette, mio padre i disegni di noi bambini. Ma tutti sappiamo cos’è più bello trovare, aprendo un libro, perciò ti lascio con questa pagina fremente e svenevole del galateo moderno (si fa per dire: ha compiuto sessant’anni) di Pitigrilli, Il pollo non si mangia con le mani:

I volumi di versi e i romanzi delle fanciulle romantiche offrivano in qualche pagina, la più cara e la più letta, quella che si inzuppò di lacrime notturne, il contorno violaceo o roseo di un fiore messo a seccare come un omaggio al poeta, al narratore di belle storie d’amore. Sono i segni del contatto fra chi legge e chi scrive. Io credo che il più commovente omaggio floreale che riceva un autore non siano i lauri posati sulla sua tomba, ma quelle violette e quei ciclami che hanno profumato un endecasillabo, tinteggiato come una pennellata di acquerello un aforisma, consacrato nell’impronta di un petalo la morte dell’eroina. Bisogna amare le cose, perché in esse noi lasciamo un po’ di noi stessi.

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