25 gennaio 2017 15:51

Caro bibliopatologo,
sono una bibliotecaria di mezza età e se ripenso alla mia vita faccio fatica a ricordare i nomi dei miei passati fidanzati, mentre restano indelebili nella mia memoria tutte le ricerche svolte anche nei tempi più remoti. Addirittura ho memoria delle collocazioni dei libri delle biblioteche nelle quali ho lavorato (ricordo per esempio che l’Atlante dell’acciaio si trovava in A III 4 L 25). Cosa vuol dire questo secondo lei?

–S.

Cara S.,
sei mai stata con un pugile? Che domande, ovviamente non te lo ricordi. Mentre ci pensi, ecco un antico aneddoto che fa al caso tuo. Grecia, quasi 500 avanti Cristo. Un pugile di nome Scopa, per festeggiare la vittoria, ingaggia il poeta Simonide. Vuole che componga per lui un epinicio, ossia un inno celebrativo, e che lo reciti durante il banchetto. Simonide fa del suo meglio ma il committente rimane piuttosto interdetto – diciamo pure furibondo – perché per due terzi il poema celebra Castore e Polluce, e solo per un terzo parla di Scopa.

Ora, la mia esperienza adolescenziale insegna che non è prudente per un poeta, che di solito ha un fisico da poeta, indispettire un pugile, che di solito ha un fisico da pugile. Eppure Scopa non pestò Simonide. Gli disse, grosso modo: io ti pago un terzo dell’onorario, gli altri due terzi fatteli pagare da Castore e Polluce – e capirai bene che, se ti presenti in banca con un assegno firmato da due personaggi mitologici, lo sportellista potrebbe fare una faccia strana.

A ogni modo, il punto non è questo. Durante il banchetto, il guardiano chiama Simonide e gli dice: ci sono due tizi fuori che vogliono parlarti. Eccola là, avrà pensato lui, mi ha mandato i picchiatori. E invece, esce e non trova nessuno. In compenso, il soffitto della sala crolla seppellendo Scopa e tutti i suoi ospiti. La soffiata soprannaturale di Castore e Polluce ha risparmiato il poeta e ha punito il pugile vanitoso, sia pure con qualche vittima collaterale.

Dov’è il punto, dirai tu? Ora arriva. Il punto è che i parenti degli invitati vogliono seppellire i loro morti, ma li trovano così sfigurati che non riescono a riconoscerli. Fortuna che Simonide, dotato di una memoria prodigiosa, ricorda il posto dove era seduto ciascuno (e non esistevano ancora quegli irritanti tavoli a tema dei pranzi di matrimonio, dunque non poteva dire: ero al tavolo Epiro, tra il tavolo Tessaglia e il tavolo Macedonia). Grazie a Simonide, tutti poterono identificare i loro morti. Nasce così la mnemotecnica, o arte della memoria. Il metodo for dummies è questo: si tratta di trasformare le cose che vogliamo ricordare in immagini di oggetti, e disporle in un luogo mentale familiare, per esempio la casa dove viviamo: basterà poi ripercorrere il luogo con il pensiero per richiamarle alla memoria.

La cosa ti riesce facile con i libri, ma ti manca una mnemotecnica da applicare agli uomini. Sarà perché ti interessano di meno? Può darsi. Ma anche perché con i libri ti sei allenata tutti i giorni e per anni. Consiglio: già che per te la biblioteca è un luogo così familiare, prova a catalogare mariti, fidanzati e amanti secondo la classificazione decimale Dewey, cercando di associare la faccia di ciascuno a uno scaffale. Hai flirtato con un contadino? 630 – agricoltura e tecniche connesse. Hai trascorsi turbolenti con un prete, come in Uccelli di rovo? 250 – chiesa cristiana e comunità. Un ménage à trois con un carpentiere e un grecista? 690 – edilizia; e 480 – lingue elleniche.

Se invece vuoi uscire per una volta dall’aria chiusa della biblioteca, puoi disporli in un banchetto intorno al tavolo della tua sala da pranzo (controlla che il soffitto tenga) e associarli a personaggi dell’antichità: quello che provava a metterti sempre le mani addosso e che hai fatto penare per mesi potrebbe essere Tantalo. Quello a cui hai fatto rodere il fegato perché l’hai lasciato per uno più bello, direi che si becca senza protestare il nome di Prometeo. A proposito, ti sei ricordata se tra i tuoi ex c’è un pugile? Ecco, poi vedi tu, il sistema mnemotecnico è tuo, ma non so se è il caso di chiamarlo Scopa.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it

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