04 maggio 2015 14:12

Spesso in una partita è difficile riconoscere i giocatori se prima non vengono presentati. Così non è un caso che la gente si senta confusa dalla miriade di nomi usati dai gruppi terroristici. Come se non bastasse, questi continuano a dividersi e talvolta cambiano nome senza un motivo apparente. Ecco quindi una guida che potete appendere al muro.

In principio c’era Al Qaeda, che ha cominciato le sue attività più o meno nel 1989. All’incirca nello stesso periodo esistevano un sacco di altre startup terroristiche nel mondo arabo, ma in seguito quasi tutte sono scomparse o sono confluite in uno dei “marchi” più grandi. Al Qaeda è il più noto tra questi: la riuscita dei suoi attacchi agli Stati Uniti l’11 settembre 2001 lo ha reso di gran lunga più importante di tutti i suoi rivali.

Quando gli Stati Uniti hanno invaso l’Iraq, nel 2003, e i jihadisti stranieri si sono riversati nelle parti arabosunnite del paese per sostenere la resistenza, il loro leader, un giordano chiamato Abu Musab al Zarqawi, desiderava affiliare la sua organizzazione ad Al Qaeda per aumentarne il potere di attrazione. Nel 2004 Osama bin Laden ha accettato di fargli usare il nome di Al Qaeda in Iraq, anche se il coordinamento tra le due organizzazioni rimaneva scarso.

È stata Al Qaeda in Iraq ad alimentare la guerra tra sciiti e sunniti bombardando costantemente le moschee e i quartieri degli sciiti, pur sapendo che questi, più numerosi, avrebbero vinto quella guerra. È stata una mossa estremamente cinica, ma strategicamente sensata poiché i sunniti, terrorizzati, si sarebbero poi rivolti all’organizzazione di Al Zarqawi per ottenere protezione.

Al Qaeda in Iraq ha formalmente mutato il proprio nome in Stato islamico dell’Iraq (Isi) nel 2006 ma non ha cominciato a prosperare, in realtà, finché un nuovo leader, Abu Bakr al Baghdadi, ha preso il potere nel 2010. Poco dopo è cominciata la guerra civile in Siria e Al Baghdadi ha inviato nel paese un siriano dell’Isi, Abu Muhammad al Julani, per aprire una succursale locale che ha preso il nome di Fronte al nusra.

Il Fronte al nusra è cresciuto molto rapidamente, al punto che nel 2013 Al Baghdadi ha deciso di riunire le due succursali dell’organizzazione sotto il nuovo nome di Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis). Ma ciò significava che Al Julani veniva retrocesso a capo della succursale siriana e questi ha quindi dichiarato la sua indipendenza e ha chiesto di riunirsi ad Al Qaeda, la quale lascia ai suoi affiliati un’ampia autonomia di decisione.

Ayman al Zawahiri, diventato capo di Al Qaeda dopo la morte di Bin Laden, ha sostenuto il Fronte al nusra ritenendo che creare uno stato islamico, come intendeva fare Al Baghdadi, fosse prematuro. A quel punto Al Baghdadi ha rotto i rapporti con Al Qaeda e all’inizio del 2014 il Fronte al nusra e l’Isis si sono dichiarate guerra.

Migliaia di combattenti islamisti sono morti e dopo quattro mesi era chiaro che l’Isis era in grado di controllare la parte orientale della Siria, ma non di sconfiggere il Fronte al nusra in quella occidentale. Le due organizzazioni rivali hanno quindi proclamato un cessate il fuoco e due mesi dopo, nel giugno del 2014, l’Isis ha invaso l’Iraq.

L’esercito iracheno è crollato e a luglio l’Isis controllava la parte occidentale dell’Iraq. Tenendo conto dei suoi territori siriani, l’Isis aveva ormai il controllo su un territorio di dieci-dodici milioni di persone. Al Baghdadi ha così eliminato il riferimento all’Iraq e alla Siria dal nome, dichiarando che da quel momento l’organizzazione sarebbe stata indicata semplicemente come Stato islamico. Non inserendo un riferimento geografico nella denominazione, diventa possibile espandersi all’infinito senza ulteriori cambi di nome.

Poco dopo Al Baghdadi si è autoproclamato califfo Ibrahim e comandante di tutti i musulmani del mondo. È stato un passo decisamente audace, poiché quei musulmani che ricevono la sua chiamata e non si sottomettono alla sua autorità, inclusi i combattenti di altre organizzazioni jihadiste come il Fronte al nusra e Al Qaeda, diventano tecnicamente degli apostati passibili di morte agli occhi di quanti accettano la sua autorità.

Tra questi ultimi ci sono tutti i combattenti dello Stato islamico, i quali hanno ormai il diritto, almeno ai loro occhi, di assassinare buona parte dei musulmani sunniti, oltre agli sciiti, i cristiani, gli ebrei e vari altri infedeli sui quali già proclamavano il diritto di vita o di morte. Qualora il gruppo Stato islamico dovesse espandersi ulteriormente in Siria, dove i tre quarti buoni della popolazione rientrano in una delle categorie citate sopra, il rischio è che cominci un potenziale genocidio.

Alcuni jihadisti di altri paesi, in particolare Boko haram in Nigeria, hanno immediatamente dichiarato la loro lealtà al califfo Ibrahim e allo Stato islamico. Altri, come il Fronte al nusra, Al Shabaab in Somalia e le succursali di Al Qaeda in Yemen, Egitto e nel Maghreb, sono rimasti fedeli ad Al Qaeda e hanno respinto il suo appello. Ma c’è la possibilità che Al Qaeda dichiari la nascita di un califfato rivale dopo che Al nusra avrà finito di conquistare la provincia di Idlib, stabilendo una base territoriale più solida in Siria.

Ecco dunque la situazione: due “marchi” rivali in concorrenza che cercano di ottenere la fedeltà di tutte le altre organizzazioni jihadiste. Dal punto di vista ideologico o pratico, tra i due non c’è una grande differenza, ma la guerra dei marchi continuerà. Spero di essere stato d’aiuto.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it