22 settembre 2015 14:24

L’assoluta inettitudine dei leader dell’Unione europea, messi di fronte all’inattesa impennata del numero di migranti che chiedono lo status di rifugiati nei paesi dell’Ue, mette a dura prova le nostre precedenti definizioni d’incompetenza. È stato raggiunto un nuovo standard.

All’improvviso, a luglio, il principale canale d’arrivo in Europa per i rifugiati ha smesso di essere la traversata mediterranea dalla Libia ed è diventato il mare Egeo, perché l’attraversamento dalla costa turca alle isole greche, appena al largo, è almeno dieci volte più breve. Alcune persone annegano anche attraversando l’Egeo, ma molte di meno.

I migranti non vogliono naturalmente rimanere in Grecia. Il paese fa parte dell’area comunitaria di Schengen (al cui interno sono stati aboliti i controlli di frontiera) ma non confina con nessun altro degli stati Ue di tale area. I migranti che vogliono chiedere lo status di rifugiati in un paese più ricco dell’Ue devono quindi attraversare a piedi i Balcani, sperando di rimanere sempre nell’area Schengen, e arrivare in Ungheria o in Slovenia.

Non vogliono neanche fermarsi qui, perché una volta fuori della Grecia ma all’interno dell’area Schengen possono raggiungere liberamente la loro vera destinazione, che di solito è la Germania, la Svezia o la Francia. O meglio, potevano farlo fino a due settimane fa. Poi il panico ha preso il sopravvento.

Merkel, magnanima, ha annunciato che la Germania avrebbe accettato tutti. Ma ha resistito due giorni

Partendo dalla Grecia, in precedenza i migranti giungevano prima in Macedonia (che non fa parte di Schengen). Qui lo stato ha provato per un po’ a proteggere i suoi confini ma poi si è accorto che i migranti volevano solo attraversare il suo territorio per recarsi altrove, e allora li ha lasciati passare tutti. La Serbia (che a sua volta non fa parte di Schengen) ha fatto lo stesso, permettendo ai migranti di giungere fino al confine meridionale dell’Ungheria.

Svolta a sinistra verso la Croazia

L’Ungheria ha costruito una barriera di filo spinato alta tre metri lungo il suo confine meridionale per tenere fuori i profughi, respingendoli inizialmente con grande violenza. Ma poi la cancelliera tedesca Angela Merkel, mostrandosi magnanima, ha annunciato che la Germania avrebbe accettato tutti.

L’Ungheria ha quindi aperto le sue frontiere, e i profughi hanno cominciato a passare, diretti in Austria e quindi in Germania. Il tutto è durato esattamente due giorni. Poi Merkel è andata nel panico vedendo quante persone arrivavano in Germania e ha “temporaneamente” chiuso il confine con l’Austria. Per evitare che i profughi si ammassassero in Austria, Vienna ha chiuso il confine con l’Ungheria. Quest’ultima, per lo stesso motivo, ha chiuso la sua frontiera con la Serbia.

Senza perdersi d’animo, i rifugiati bloccati al confine ungherese hanno svoltato a sinistra e si sono diretti in Croazia (che non fa parte dell’area Schengen). Il primo ministro croato Zoran Milanović ha dichiarato che il governo era “assolutamente pronto a ricevere queste persone o a consentirgli di dirigersi dove desiderano, ovvero naturalmente la Germania o i paesi scandinavi”. Sapeva benissimo che i migranti volevano solamente attraversare la Croazia per poi giungere in Slovenia e Ungheria (due paesi che invece fanno parte di Schengen).

Ma 24 ore dopo anche il governo croato, scioccato dal numero di persone in arrivo, ha chiuso i suoi confini. Il ministro degli interni croato Ranko Ostojić ha dichiarato che il suo paese era “strapieno” , e ha detto ai migranti di “non venire più da queste parti, ma piuttosto di rimanere nei centri per rifugiati in Serbia, Macedonia e Grecia. Non è questa la strada per l’Europa”.

Questa crisi dei profughi è solo un preliminare di quel che forse succederà tra dieci o vent’anni

Nel frattempo l’Ungheria ha dichiarato che stava estendendo la sua barriera di filo spinato anche al confine con la Croazia, mentre la Slovenia cominciava a fermare i treni in arrivo dalla Croazia alla ricerca di rifugiati.

Questa settimana si terrà un vertice nel quale i governi dell’Ue cercheranno di accordarsi su una politica comune coerente, ma è inutile farsi illusioni sul buon esito dell’incontro. È probabile che prima o poi l’Ue troverà una soluzione, poiché i numeri non sono poi così alti. Sono circa mezzo milione i migranti entrati quest’anno nell’Unione europea, pari allo 0,1 per cento della popolazione dell’Ue. Molti di loro presenteranno domanda d’asilo.

Non dovrebbe essere troppo difficile per i leader dell’Unione trovare dei metodi legali per rispedire a casa chi non ha i requisiti per ottenere asilo, trovare una sistemazione ai profughi che già si trovano in Europa e rafforzare i controlli alle frontiere esterne dell’Ue. Sul lungo periodo, è possibile che gli ideali dell’Ue subiscano un danno duraturo, ma nei suoi aspetti quotidiani la vita tornerà alla normalità, almeno per qualche tempo.

Tuttavia questa crisi dei profughi è solo un preliminare di quel che forse succederà tra dieci o vent’anni, e che sarà provocato dal riscaldamento globale che devasterà l’agricoltura del Medio Oriente e del Nordafrica, quintuplicando o decuplicando il numero dei profughi diretti in Europa.

Il possibile collasso dell’Unione europea

E questo non è ciò che accadrà se i governi del mondo non raggiungeranno un accordo durante il vertice sul clima del prossimo dicembre a Parigi. Questo è ciò che quasi sicuramente accadrà anche se un simile accordo fosse raggiunto adesso.

Il riscaldamento climatico è un fenomeno già in atto, indipendentemente da quanto stiamo facendo ora per contrastarlo, e sarà sufficiente a generare un simile flusso di profughi in futuro.

Niente lascia credere che i governanti dell’Ue abbiano davvero cominciato a occuparsi della questione. Se saranno nuovamente colti di sorpresa, l’Unione europea potrebbe collassare. E lo stesso potrebbe accadere a molti stati dell’Europa meridionale.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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