05 maggio 2016 19:27

Poco prima di ritirarsi dalle primarie del Partito repubblicano e lasciare Donald Trump come unico candidato in lizza, il governatore dell’Ohio John Kasich ha diffuso un video satirico su internet. Imitando i titoli d’inizio di Guerre stellari, il video evoca un futuro in cui Trump ha ottenuto la candidatura repubblicana ma è stato battuto alle presidenziali da Hillary Clinton.

Il video di Kasich, intitolato La nostra unica speranza, comincia così: “Dopo aver sconfitto Donald Trump con il più ampio margine dai tempi di Reagan nel 1984, la presidente Hillary Clinton si appresta a nominare una nuova giudice della corte suprema, Elizabeth Warren. La presidente della camera Nancy Pelosi prevede nuovi aumenti delle tasse, nella speranza che il presidente del senato Chuck Schumer e la sua nuova maggioranza democratica riescano a farlo arrivare rapidamente sul tavolo della presidente per la firma. Sono in preparazione nuovi ordini esecutivi che riducono la portata del secondo emendamento, mentre sono stati approvati aumenti di spesa pubblica per l’Obamacare. Nel frattempo, i nostri alleati in tutto il mondo stanno rapidamente perdendo fiducia nel ruolo degli Stati Uniti come leader globale, rafforzando i nostri nemici e mettendoci in una posizione più pericolosa. Ma noi speriamo che le cose possano essere diverse…”.

Si tratta di un condensato di tutti i provvedimenti che potrebbe adottare una presidenza Clinton nei peggiori incubi dei repubblicani: creare una maggioranza “progressista” nella corte suprema, alzare le tasse, aumentare i controlli sulle armi e incrementare la spesa sanitaria per gli statunitensi poveri. Ovviamente, l‘“unica speranza” di evitare questo disastro era Kasich.

Ma ora Kasich è fuori gioco, Trump otterrà la nomination repubblicana e Clinton vincerà a man bassa le presidenziali. Non solo: i democratici potrebbero davvero assumere il controllo di entrambe le camere del congresso.

In politica estera è ostile alla Russia e all’Iran, automaticamente filoisraeliana e incerta sulla Cina

Clinton probabilmente creerà una maggioranza progressista nella corte suprema, tasserà un po’ di più i ricchi e aumenterà la portata dell’Affordable care act (quello che i repubblicani chiamano Obamacare). È probabile che aumenti davvero i controlli sulle armi, anche se è meglio non farsi troppe illusioni.

Sicuramente continuerà a sostenere, e forse rafforzerà, le iniziative di Obama sul cambiamento climatico: ha dichiarato che vuole installare mezzo miliardo di pannelli solari nei suoi primi quattro anni. Ma prenderà mai delle decisioni davvero sorprendenti? Sarebbe strano se lo facesse: Clinton non è certo un’estremista.

In politica estera è un’adepta del “consenso di Washington”: è ostile alla Russia e all’Iran, automaticamente filoisraeliana e incerta su cosa fare con la Cina. La infastidisce che la gente rievochi ancora il suo voto a favore dell’invasione dell’Iraq nel 2003, ma quell’episodio conferma la sua incapacità di pensare fuori degli schemi della maggioranza. Ha inoltre posizioni progressiste classiche su praticamente qualsiasi questione interna, dal matrimonio omosessuale all’aborto (prudentemente a favore), all’immigrazione (nessuna espulsione di massa degli irregolari).

Approccio manageriale, non innovativo

Ha detto che bisogna riformare le regole di finanziamento delle campagne elettorali, ma è improbabile che riuscirà a far approvare la cosa al congresso anche se fosse controllato dai democratici, quindi potrebbe semplicemente decidere di non sprecare in questo modo il suo capitale politico.

Quindi quella di Clinton sarà una presidenza terribilmente noiosa? La cosa non la disturba minimamente. Quasi tre decenni d’esperienza ai massimi livelli della politica hanno rafforzato la sua naturale tendenza a pensare solo in termini di mutamenti graduali, e il suo approccio è manageriale, non innovativo. Non sconvolgerà certo gli equilibri esistenti. Il che forse non è un male per un capo di stato in tempo di pace: e gli Stati Uniti sono davvero in pace, nonostante alcuni circoscritti impegni militari all’estero che ogni tanto costano la vita a qualche soldato.

Soprattutto non è un male per la prima presidente degli Stati Uniti, come lo era per il suo predecessore, il primo presidente nero degli Stati Uniti. Quando si crea un precedente del genere, è meglio mostrare una salda competenza che scatenare un entusiasmo incontrollato.

Ed è anche il modo migliore per garantirsi un secondo mandato: un traguardo alla portata di Clinton se il Partito repubblicano dovesse spaccarsi, prima o dopo la débâcle elettorale che sembra ormai inevitabile con un candidato come Trump. Anche se, al momento di lasciare il potere, Clinton avrebbe 77 anni.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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