20 maggio 2016 11:02

Quando il “primo ministro” Fayez al Sarraj del Governo d’unità nazionale (Gna) è arrivato in Libia un mese fa, il segretario di stato americano John Kerry ha dichiarato che “non era il momento di fare ostruzionismo”. È stato nobile da parte sua, ma verrebbe voglia di chiedergli: esiste un momento giusto per fare ostruzionismo? Martedì prossimo, magari?

Si è trattato dell’ennesimo esempio di chiacchiere senza senso che passano per dichiarazioni politiche quando gli statisti occidentali discutono su cosa fare a proposito del caos libico. Il paese è scivolato nella violenza da quando l’intervento della Nato (con un po’ d’aiuto da parte delle milizie locali) ha posto fine al lungo regno di Muammar Gheddafi nel 2011, e Kerry non ha alcun piano efficace per affrontare la situazione.

L’arrivo di Al Sarraj non ha fatto altro che aggiungere un terzo contendente ai due governi rivali che già si disputano il controllo del paese. Nessuno di loro, in realtà, controlla molto territorio. Chi davvero controlla il paese sono le centinaia di milizie locali, mentre le fortune dei governi rivali salgono e scendono a seconda di quante di queste milizie decidono di sostenerli (in cambio di vari favori e aiuti economici, naturalmente).

Una strana esitazione

I governi occidentali si stanno finalmente interessando alla Libia a causa della presenza del gruppo Stato islamico (Is) e perché i profughi hanno ripreso a raggiungere l’Europa da qui, ora che la rotta che attraversava Turchia e Grecia è stata chiusa.

I governi di Italia, Regno Unito e Francia hanno parlato di mandare seimila soldati per addestrare un esercito libico in grado di affrontare e sconfiggere l’Is. Nel paese sono già presenti truppe speciali statunitensi, britanniche, francesi e italiane, e da dicembre ci sono stati almeno quattro attacchi aerei statunitensi contro obiettivi dell’Is in Libia.

Tutto lascia pensare che un intervento militare occidentale in piena regola in Libia sia imminente. Il problema è che la situazione è questa da sei mesi, e l’intervento ancora non c’è stato. C’è una strana esitazione a fare il passo decisivo.

Il Gna non è un’iniziativa libica. I suoi esponenti sono stati scelti dall’estero, incluso lo stesso Al Sarraj

Gli interventisti occidentali fanno bene a esitare. La paura che l’Is s’impadronisca di buona parte della Libia è assolutamente esagerata: ultimamente l’Is non ha guadagnato terreno in Libia, anzi lo ha perso. Ma la cosa più importante è che l’Is non può essere definitivamente eliminato a meno che non ci sia un unico e legittimo governo libico sostenuto da un esercito disciplinato.

Quindi la priorità dei paesi occidentali è di creare un governo dotato dell’autorità legale per chiamare in soccorso le truppe occidentali. “Il Gna è l’unica entità in grado di unificare il paese”, ha spiegato Kerry. “È l’unico modo di ottenere la coesione necessaria per sconfiggere l’Is”. Perciò hanno appena creato questo governo, utilizzando le Nazioni Unite come veicolo. Il Gna non è un’iniziativa libica. I suoi esponenti sono stati scelti dall’estero, incluso lo stesso Al Sarraj.

Il premier è una figura indipendente e rispettata, il tipo di persona che, se viene creata una qualche commissione nazionale, è chiamato a dirigerla. Se una delle forze che attualmente ambiscono al governo libico fosse disposta a cedere il potere al Gna, Al Sarraj sarebbe proprio il genere di persona rassicurante che potrebbe convincerla.

Ma nessuno dei contendenti, né il Congresso generale nazionale a Tripoli, la capitale, né il parlamento a Tobruk, un migliaio di chilometri a est, è disposto a fare un passo del genere. Al Sarraj non è riuscito ad arrivare in aereo a Tripoli perché il Congresso generale nazionale ha chiuso l’aeroporto, e alla fine ha dovuto essere trasportato via mare.

Copertura legale

I libici potrebbero sostenere il Gna anche solo per disperazione. Sono stanchi dei conflitti tra milizie, del caos finanziario e della mancanza di qualsiasi servizio pubblico, e potrebbero anche accettare un “governo” sostenuto dall’estero. Ma non sono i cittadini comuni che devono essere convinti a cedere il potere. Vanno convinti i politici locali e le milizie che li controllano, e loro non cederanno.

Forse la potenza militare straniera potrebbe spingerli ad accettare l’autorità del Gna, ma i paesi occidentali non sono disposti a coinvolgere le loro truppe in un’operazione militare così impegnativa. Vogliono solo dare la caccia all’Is e ai trafficanti di esseri umani, e se il Gna sarà in grado di fornirgli la copertura legale per farlo, avrà assolto alla sua funzione.

E anche in questo caso gli occidentali potrebbero decidere comunque di non mandare truppe di terra, dal momento che l’Is non è poi così forte in Libia. Le milizie libiche dispongono di centinaia di migliaia di combattenti, mentre l’Is non ha più di cinquemila uomini.

Il gruppo è in grado di compiere alcune azioni spettacolarmente ripugnanti, come quando a gennaio ha ucciso 22 copti egiziani che lavoravano nel paese, ma controlla solo una città di medie dimensioni (Sirte) e una porzione di territorio nella vicina fascia costiera. I paesi occidentali possono permettersi di esitare ancora.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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