07 settembre 2012 11:11

Mitt Romney e Paul Ryan hanno avuto la loro occasione. Clint Eastwood e la sua sedia hanno lasciato il segno tra l’imbarazzo generale. Ma alla convention democratica i riflettori si sono accesi su un’accoppiata molto più stuzzicante: il presidente Obama e il suo predecessore democratico Bill Clinton.

I due non si amano molto. Obama, cresciuto politicamente durante la presidenza Clinton, ha detto che non gli è piaciuto il modo in cui l’ex presidente ha tradito l’elettorato liberal sulla riforma del welfare negli anni novanta: nel 2008, in campagna elettorale, aveva messo l’accento sulla “convinzione” che avrebbe dovuto cancellare i “calcoli” dell’era Clinton, rappresentati secondo lui da Hillary. Clinton, da parte sua, ha fatto di tutto per impedire l’elezione di Obama, e da quando Obama è diventato presidente è sconcertato da un uomo in grado di far approvare la riforma sanitaria ma incapace di tenersi buoni i finanziatori.

Eppure il glaciale e distaccato presidente e il suo espansivo predecessore hanno bisogno l’uno dell’altro. Obama, nonostante le indubbie capacità dialettiche, non riesce a toccare il cuore del ceto medio americano come sapeva fare Clinton (a onor del vero, nessuno ci riesce). Clinton è un comunicatore talmente efficace, e un simbolo talmente forte della prosperità americana degli anni novanta, che perfino Romney l’ha citato nei suoi spot in tv. Perciò Obama ha chiesto a Bill di perorare la causa della sua presidenza nel discorso di mercoledì sera, originariamente affidato al vicepresidente Joe Biden.

Traduzione di Fabrizio Saulini

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it