12 novembre 2013 17:49

Campionato di Lega Pro, 10 novembre 2013. Si gioca Salernitana-Nocerina: un derby caldissimo. Così caldo che i tifosi della Nocerina sono banditi dalla partita. Tutti. E i tifosi della Nocerina (o almeno alcuni di loro) sono inferociti. Si parla di minacce, intimidazioni, pugni contro il pullman della squadra. Poi arriva il giorno della partita. Comincia con più di mezz’ora di ritardo. Da casa si può vedere in diretta su Rai Sport. Dopo solo due minuti c’è una triplice sostituzione per la Nocerina. La farsa è cominciata.

Poi arriva il momento più bello - strepitoso direi - un fatto inedito perfino nel mondo assurdo del calcio italiano (ma ho scoperto che

[è già successo][1] anche questo).

Alcuni giocatori della Nocerina (facciamo i cognomi: Remedi dopo tre minuti, Hottor dopo sette, Danti dopo tredici, Kostadinovic dopo quindici e Lepore dopo ventuno) si buttano a terra. Dicono di essersi infortunati ed escono dal campo uno dopo altro, qualcuno addirittura in barella. In poco tempo la squadra rimane con sei uomini. E scatta il regolamento. La partita è interrotta (ovviamente c’è anche la rissa in campo, che non manca mai). Il povero arbitro (Gian Luca Sacchi di Macerata) non dimenticherà mai quel giorno. Incredibilmente, vengono anche espulsi due giocatori. Alla fine, dopo 21 minuti, in campo rimangono 15 giocatori sui 22 che c’erano all’inizio.

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A Nocera c’è una piccola festa. Su Facebook qualcuno scrive: “Ha vinto il popolo nocerino”. È una vittoria per gli ultrà della Nocerina. Ancora una volta alcuni tifosi hanno deciso che non si doveva giocare una partita, com’è successo in occasione del celebre “derby del bambino morto” (Roma-Lazio del 21 marzo 2004), o della famigerata partita Genoa-Siena, che fu sospesa (per 45 minuti) nell’aprile del 2012 dopo che alcuni tifosi (sempre una piccola minoranza) avevano costretto i giocatori del Genoa a fermarsi e togliersi la maglia.

E dopo? Retorica, come sempre. Prima c’è la triste retorica dello stato, dei dirigenti sportivi e dei giornalisti: “non se ne può più”, “pugno di ferro”, “una vergogna”, “delinquenti”, “un danno gravissimo al calcio” e così via. Il fallimento totale della gestione dell’ordine pubblico e del calcio in generale non merita mai un attimo di autocritica da parte di chi gestisce il sistema da anni con il disastro dei tornelli, il piegarsi alle frange violente dei tifosi, gli stadi che cadono a pezzi e le partite truccate con le inchieste che finiscono, come sempre, al Tribunale nazionale di arbitrato per lo sport e poi a tarallucci e vino.

Ma c’è anche un’altra ondata di retorica, ancora più irritante. Arriva ancora una volta la mitologia della cultura ultrà, costruita con anni di lobbying politica e sociale. “Noi siamo i veri tifosi”, “abbiamo il diritto di vedere la partita”, “la fede”, “la squadra”, “il calcio siamo noi”, “il vero calcio”, eccetera eccetera. È ora di dire basta a questi discorsi. Gli ultrà non sono i veri tifosi. Sono parte del problema, non parte della soluzione. Spesso se ne fregano completamente del calcio e della squadra. Gli ultrà sono interessati a una cosa solo: se stessi.

Quello che conta per loro sono gli striscioni, il loro potere (spesso criminale) in una parte dello stadio che è completamente fuori legge (e questo potere è esercitato contro gli altri tifosi e spesso in alleanza con la polizia e i club). Sono postmoderni, ma non in un senso positivo. Esistono in un mondo parallelo - il loro mondo - e vogliono mantenere quel mondo intatto contro tutti. Ma è proprio un mondo di merda.

Sono due facce di un sistema che fa schifo, che produce violenza ed è incapace di riformarsi. E quindi gli stadi in Italia sono militarizzati ogni settimana, anche in Lega Pro. Ci sono gli elicotteri, il Daspo, l’inutile tessera del tifoso. Una guerra pagata, ogni settimana, dagli italiani. In questa situazione non viene voglia a nessuno di vedere una partita di calcio.

Io ho un sogno. Una partita in cui si parla di calcio, e non di striscioni, capiultrà, fumogeni, calcio scommesse e cori razzisti. Ma non succederà mai. Sono vent’anni che scrivo di queste cose e non cambia mai niente. E poi, non so se vi siete resi conto di una cosa: sugli spalti, il 10 novembre 2013, a vedere Salernitana-Nocerina, non c’era quasi nessuno.

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