18 novembre 2010 18:20

La scorsa settimana, nel centro di Mosca, il giovane giornalista russo Oleg Kashin è stato selvaggiamente picchiato sotto casa sua. Due aggressori gli hanno spezzato le gambe, la mandibola e alcune dita con una spranga. Un sito russo ha pubblicato le riprese delle telecamere di sorveglianza in cui si vede il pestaggio.

Adesso Kashin, dopo varie operazioni, si sta lentamente riprendendo in un ospedale moscovita. Perché è stato picchiato? L’opposizione ha sfoderato quasi subito la “teoria generale” del putinismo: la Russia è uno stato autoritario corrotto, il suo capo Vladimir Putin ha sempre disprezzato i giornalisti, questo disprezzo ha pervaso gli apparati dello stato, ora gli aggressori sanno che non saranno puniti e i giornalisti sanno che non saranno protetti.

Il vantaggio di questa teoria è che è vera. Il suo svantaggio è che è troppo generale. Il predecessore di Putin, Boris Eltsin, era molto meno ostile alla stampa. Ma anche nella Russia di Eltsin alcuni giornalisti sono stati uccisi. E la teoria generale ha anche un altro svantaggio: quello di confondere le persone.

Impunità e responsabilità

Qualche mese fa ascoltavo un noto programma di attualità su una radio statunitense. A un certo punto un tale ha chiamato per fare una domanda su “Anna Politkovskaja, la giornalista assassinata per ordine di Vladimir Putin”. Sono sobbalzato: è vero che Putin ha creato un clima di paura e di impunità, ma non è il mandante degli omicidi di giornalisti moscoviti. E il fatto che ci sia un clima di paura e impunità non significa che i giornalisti saranno inevitabilmente aggrediti. Ci vuole qualcuno che decida di farlo davvero.

Ora, nel caso di Kashin non sappiamo ancora chi è stato. Ma le teorie finora proposte – dagli amici di Kashin e dai suoi colleghi del quotidiano Kommersant – ci offrono un quadro strano e sorprendente del modo in cui l’informazione, le tesi politiche e le minacce circolano oggi in Russia.

Tanto per cominciare, tutto succede online. La prima teoria su quello che è successo ruota intorno a un articolo postato qualche mese fa sul sito della Giovane guardia, il movimento giovanile del partito di governo Russia Unita, in cui Kashin era definito un “traditore-giornalista” per come aveva raccontato di una polemica nata di recente sul tracciato proposto per l’autostrada Mosca-San Pietroburgo attraverso la foresta di Khimki.

Sul sito c’era anche una foto di Kashin con le parole: “Sarà punito”. La seconda e la terza teoria si ricollegano invece all’attività online dello stesso Kashin. Durante l’estate il giornalista aveva preso in giro il governatore di Pskov, Andrej Turchak. Turchak ha preteso le scuse di Kashin dalla pagina dei commenti del suo blog: “Le do 24 ore. L’orologio cammina”, ha scritto. Ma Kashin ha rifiutato di scusarsi.

Potenza di internet

Se questa teoria è improbabile, la terza lo è ancora di più. Qualche mese fa una studentessa universitaria ha postato sul suo blog una sua foto in cui era all’annuale campeggio della gioventù filogovernativa di Seliger con un funzionario quarantenne del Cremlino. Nella didascalia si leggeva che il funzionario (il ministro per la gioventù, come si è saputo dopo) credeva che la ragazza fosse ancora innamorata di lui. Il ministro ha postato un commento: “Per un paio di notti tu sei venuta nella mia tenda, ma so che non sei innamorata di me. Chiaro?”.

Era una risposta strana per un ministro russo, e infatti foto e didascalia sono sparite poco tempo dopo. Non prima, però, che il vigile Kashin riuscisse a riprodurle sul suo blog. Ora, la vicenda sarebbe comica, se non fosse che indirettamente è legata al pestaggio di Kashin. Infatti l’aggressione contro di lui porta la firma delle persone che stanno dietro al progetto dell’autostrada Mosca-San Pietroburgo, le quali due anni fa hanno fatto pestare Mikhail Beketov, un reporter di Khimki.

Al centro di polemiche da anni, quell’autostrada ha innescato grandi proteste l’estate scorsa, al punto che il presidente Medvedev ha sospeso i lavori. Nel corso dell’estate c’è stato anche un assalto alla sede del comune di Khimki da parte di anarchici e antifascisti. Poco dopo, Kashin ha pubblicato su Kommersant un’intervista con uno dei militanti antifascisti, che però non ha detto cose molto interessanti (come notava lo stesso Kashin) e ha scoraggiato chi simpatizzava con le proteste. Eppure l’intervista è stata pubblicata, ed è servita da spunto proprio a quel post sul sito della Giovane guardia in cui Kashin veniva definito un traditore-giornalista che doveva essere punito.

Sembra quindi molto probabile che chi ha picchiato Mikhail Beketov per aver protestato contro la costruzione dell’autostrada abbia preso di mira anche Kashin. E sembra del tutto verosimile che l’abbia fatto in base a quello che era solo un post molto fuorviante, scritto da un ragazzo della Giovane guardia e apparso su un blog. Ma cosa mai può indurre un ragazzo a credere che il modo di farsi strada in questo mondo sia scrivere un post isterico e fuorviante su un giornalista che ha pochi anni più di lui? In questo caso sì che la colpa va data a Putin, e non a internet.

*Traduzione di Marina Astrologo.

Internazionale, numero 873, 19 novembre 2010*

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