09 settembre 2015 18:25

Un uomo depresso di mezza età si siede sul letto di un’anonima camera d’albergo a Cincinnati e fissa il vuoto. Si chiama Michael Stone. Di lavoro scrive libri su come aiutare meglio i clienti, o meglio (non è la stessa cosa), come far aumentare l’indice di gradimento del servizio di assistenza ai clienti. I libri vendono bene e sono doppiamente redditizi perché gli permettono di guadagnare anche dalle conferenze che tiene in giro per gli Stati Uniti. Come quella che farà la mattina seguente, a Cincinnati. Da dieci anni è sposato, ha un figlio che pretende un regalo ogni volta che torna da un viaggio, mangia male, beve troppo, è pieno di rimpianti per le strade che non ha imboccato nella vita, o quelle che ha imboccato male.

La cosa buffa è che è stato accompagnato in camera da un facchino che applica alla lettera le sue regole su come comportarsi con i clienti: sorridente, premuroso, curioso. La cosa l’ha irritato da morire. Annoiato, decide di telefonare a una donna che vive a Cincinnati, che lui ha scaricato senza tante spiegazioni dieci anni prima. Chissà, forse avrà fortuna, e poi le prostitute costano. “Ti posso chiedere perché mi hai lasciato?”, lei gli chiede quando sono seduti al bar dell’albergo. Si vede che è una ferita che brucia ancora. “Vogliamo parlarne nella mia camera?”, ribatte lui. Lei se ne va, inorridita, in lacrime.

Più tardi, sempre nell’albergo, l’uomo si imbatte in due donne più giovani di lui, due amiche, entrambe rappresentanti di customer services in una grande azienda, che conoscono il suo libro a memoria. Per loro, lui è un idolo. Lui sceglie Lisa, quella meno avvenente, quella che ha seri problemi di autostima. Stranamente questa donna timida, introversa, è l’unica che non lo fa sentire un burattino; la sua voce è l’unica, di tutte le voci che ha sentito recentemente, che non sembra doppiata dallo stesso attore.

Ironicamente, lui è un burattino. Anche lei. E tutti gli altri personaggi, tutti quelli che non sono né Michael, né Lisa, sono veramente doppiati dallo stesso attore.

Siamo in uno dei mondi paralleli di Charlie Kaufman, il regista di Synecdoche, New York, lo sceneggiatore di Essere John Malkovich e di Se mi lasci, ti cancello (titolo orribile: quello originale era Eternal sunshine of the spotless mind). Ma nonostante l’uso di burattini, animati con la tecnica di fermo immagine, Anomalisa è un film autenticamente umano, commovente senza mai essere sentimentale.

È un film che spezza il cuore per lo sguardo fermo che getta sulla debolezza umana. Non è crudele; è semplicemente onesto. Contiene uno delle scene di sesso più credibilmente goffe che io abbia mai visto nel cinema. Strano che gli interpreti siano due pupazzi. Ma forse per questo è ancora più efficace. Come diceva Humphrey Bogart in Casablanca, “i problemi di tre piccole persone non ammontano a un mucchio di fagioli in questo mondo pazzo”. Anomalisa prende quel mucchio di fagioli e lo mette davanti a noi in tutta la sua strana, malinconica bellezza.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it