21 dicembre 2006 00:00

Nel profondo di noi stessi sappiamo che alcune azioni contribuiscono a spingere madre natura sempre più in fondo all’abisso in cui l’abbiamo scaraventata. Eppure continuiamo a farle, per esempio quando laviamo i vestiti a secco.

Ogni aspetto di questo sistema di lavaggio, dall’odore sintetico che hanno gli abiti appena lavati agli enormi sacchi di cellophane in cui vengono avvolti, fa scattare il campanello d’allarme dell’ambiente. Per non parlare del solvente usato dalla maggior parte delle lavanderie: il tetracloroetilene, detto anche percloroetilene (o perc). È l’ultimo di una lunga serie di prodotti chimici usati per smacchiare i tessuti più delicati.

Il lavaggio a secco è stato scoperto per caso, nel 1825, da un operaio di una tintoria francese. L’uomo urtò una lampada alimentata a trementina, detta anche acquaragia, facendola cadere su una tovaglia sporca. Quando la trementina evaporò completamente, l’operaio notò che oltre al solvente erano scomparse anche le macchie.

Fino agli anni quaranta le lavanderie hanno usato come solventi dei prodotti a base di petrolio. Ma avevano uno svantaggio: il loro punto d’infiammabilità era abbastanza basso e capitava che ogni tanto s’incendiassero. Da allora sono stati introdotti nuovi solventi sintetici di vario tipo, tra cui il Cfc 113. Si tratta di un clorofluorocarburo che, oltre a smacchiare i vestiti, ha contribuito a ripulire la Terra del suo strato d’ozono. E per questo è al bando già da anni.

Dopo una lunga ricerca per trovare solventi più stabili e meno pericolosi, l’85 per cento delle lavanderie ha scelto il tetracloroetilene. Ma molti temono che non sia un prodotto innocuo, soprattutto per le persone che ci lavorano a stretto contatto.

L’Environmental protection agency (Epa), l’agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti, è contraria al suo impiego: “L’esposizione al perc per inalazione acuta o cronica produce effetti negativi sulla salute umana, soprattutto a livello neurologico, epatico e renale. I risultati di alcuni studi epidemiologici sull’esposizione al perc negli ambienti di lavoro indicano un aumento del rischio di patologie tumorali”.

Anche l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato il perc come “probabile agente cancerogeno”. È talmente potente che, se qualcuno lo inala, l’odore gli resta nell’alito per settimane.

Ovviamente l’industria del lavaggio a secco ha già provato a sminuire gli effetti collaterali del solvente. Secondo l’Associazione britannica dei lavasecco e dei lavandai, “l’Epa ha classificato il perc come possibile agente cancerogeno per l’uomo perché il solvente ha provocato tumori in alcuni ratti e topi sottoposti a esperimenti di laboratorio, proprio come la saccarina. Ma questi test vanno analizzati nella giusta prospettiva.

Le cavie di laboratorio hanno sviluppato forme tumorali anche quando sono state sottoposte all’azione di cancerogeni molto potenti presenti naturalmente nelle sostanze che consumiamo ogni giorno, come il burro di arachidi (che contiene aflatossina, usata anche nelle armi biologiche), i funghi (che contengono idrazina), il caffè (che contiene 826 sostanze volatili) e diversi frutti e ortaggi (che contengono pesticidi naturali)”.

Il ragionamento dell’associazione è il seguente: visto che consumiamo regolarmente burro di arachidi e in linea di massima non ci succede niente, vuol dire che i prodotti chimici usati nel lavaggio a secco non sono poi tanto nocivi.

Ma ci sono alternative meno dannose? Innanzitutto evitare di comprare vestiti che andrebbero lavati solo a secco. Tra l’altro c’è chi assicura che alcuni capi si possono comunque lavare in acqua, facendo un po’ di attenzione. E per togliere gli odori sgradevoli, come quello del fumo, è sufficiente stenderli all’aperto. Molte lavanderie stanno cercando solventi meno nocivi del perc.

Paradossalmente, l’ultima novità nel settore del lavaggio a secco sembra essere il lavaggio a umido. Le lavatrici computerizzate sono in grado di controllare la forza della centrifuga e la quantità d’acqua, in modo da non danneggiare i capi delicati ed evitare che si restringano. Alcune lavanderie hanno cominciato a usare anche l’anidride carbonica liquida o solventi meno tossici a base di silicone, come il Siloxane D5. Ma nessuno di questi prodotti rispetta l’ambiente: sono solo meno nocivi del perc.

Il detergente Siloxane D5, per esempio, è prodotto con il cloro, ed è quindi responsabile dell’emissione di diossina. Secondo l’Epa, i risultati preliminari di uno studio sul Siloxane D5 “indicano che il prodotto potrebbe essere cancerogeno”, ma per avere una conferma bisognerà aspettare altri dati. Mentre Greenpeace sostiene che, tra tutte le tecniche di lavaggio usate dalle tintorie, la migliore rimane quella a umido.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it