22 giugno 2015 10:40

Ultimamente ho pensato molto all’Italia. In parte perché per il prossimo ottobre sono stata invitata a partecipare a due incontri, uno dei quali al festival di Internazionale, a Ferrara. E in parte perché mi sono chiesta cosa direbbero Maria Montessori, don Milani e Loris Malaguzzi vedendo che le loro idee rivoluzionarie sull’istruzione sono state fatte proprie da un governo che considera i ragazzi come capitale umano da dare in pasto all’economia.

Probabilmente sarebbero sconvolti vedendo che quella che oggi in Italia è considerata una “buona scuola” si preoccupa essenzialmente di preparare i ragazzi all’economia, come se non fossero altro che “prelavoratori”. Invocare il loro nome a sostegno di questa profanazione dello sviluppo del bambino è senza dubbio un’astuta mossa di marketing.

Quello che sta succedendo qui, in British Columbia, succede anche in Italia, e forse non dovrebbe sorprendermi. I politici che propongono una “riforma dell’istruzione” seguono in tutto il mondo lo stesso copione:

  • riducono i finanziamenti impedendo agli insegnanti di fare bene il loro lavoro;
  • li criticano perché non riescono a lavorare bene con quelle poche risorse;
  • cercano di convincere i genitori che sono gli insegnanti a impedire il successo dei loro figli;
  • chiedono riforme dei programmi con più scienza e meno arte, più test e meno insegnamento;
  • offrono ai privati ricchi contratti per “personalizzare” l’apprendimento;
  • sono favorevoli all’istituzione di nuove scuole private;
  • insistono nel dire che fanno tutto questo per “risparmiare i soldi dei contribuenti” in un periodo di austerità.

È tutto così ovvio e prevedibile.

Ma nessuno aveva previsto che il tentativo di mettere i genitori contro gli insegnanti potesse fallire. Ai riformatori dell’istruzione serve che i genitori pensino che gli insegnanti sono la causa di tutti i problemi della scuola. È la strategia del divide et impera che viene usata con successo in tutti i paesi del mondo dove la riforma dell’istruzione mira a nascondere la privatizzazione delle scuole e i tagli ai finanziamenti.

Ma qui, con grande disappunto dei politici, le famiglie si stanno schierando con gli insegnanti nella lotta contro la disumanizzazione dell’istruzione.

L’anno scorso, durante il nostro sciopero, il governo ha tentato in vari modi di usare la strategia del divide et impera. Ha speso una fortuna in pubblicità palesemente piene di bugie e pagato persone per fare disinformazione sugli insegnanti all’interno dei social media.

Ma non c’è riuscito.

Non si aspettava che durante i picchetti i genitori e i nonni ci aiutassero portandoci cibo e altri generi di conforto. Non si aspettava che le conversazioni online smentissero le bugie, facessero chiarezza e offrissero una visione alternativa di quello che stava succedendo nelle scuole.

E di sicuro non si aspettava che dopo aver parlato con gli insegnanti le famiglie organizzassero manifestazioni di protesta contro i tagli. Non si aspettava che i genitori organizzassero assemblee senza passare attraverso i partiti, che si presentassero davanti al parlamento, che mandassero tonnellate di lettere ai mezzi d’informazione e ai politici e che scrivessero regolarmente sui blog a favore degli insegnanti e contro i tagli.

I nostri politici non avevano previsto che adesso, a un anno di distanza, ci sarebbero state organizzazioni create dai genitori decise a lottare contro quei tagli.

Il peggior incubo per un politico è quando quelli che ha messo gli uni contro gli altri scoprono di avere un obiettivo comune.

Vedendo il conflitto che ha scatenato in Italia la riforma della scuola, il messaggio che vorrei mandare ai genitori è che permettere a un politico di stabilire quello che succede nelle classi è come permettere a una volpe di decidere quello che succede in un pollaio. È un’ottima idea per la volpe, ma pessima per le galline.

Maria Montessori, don Milani e Loris Malaguzzi avevano una visione dello sviluppo del bambino che andava molto oltre l’addestrarlo a essere una rotella nella macchina dell’economia. Non c’è niente di “buono” in un tipo di istruzione che riduce invece di arricchire l’esperienza del mondo di un bambino. Proprio niente di buono.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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