22 febbraio 2007 16:25

Nella mia ultima rubrica vi ho chiesto di guardarvi indietro per ripercorrere questi undici mesi da scrittori. La settimana prossima commenteremo i risultati, ma nel frattempo dividiamo la questione in due aspetti. Quali progressi ha fatto il vostro romanzo?

E voi, in quanto scrittori, siete migliorati?

Da giovane ho seguito un corso di scrittura creativa all’università dell’East Anglia e tra i miei insegnanti c’erano due grandi della narrativa contemporanea, adesso scomparsi: Angela Carter e Malcolm Bradbury. Ero una delle studentesse meno dotate di quell’anno, e me lo dissero.

Dovetti buttar via praticamente tutto quello che avevo scritto fino ad allora, compreso un libro già finito e un altro lasciato a metà. A fine corso avevo prodotto solo un testo che valesse qualcosa: un racconto di poche cartelle, pubblicato poi dieci anni più tardi.

Quando feci un bilancio di quell’esperienza, fui sul punto di cedere alla disperazione. Solo adesso che sono passati vent’anni riesco a pensare che fu un anno ben speso.

Senza tutte quelle false partenze non sarei mai migliorata tanto da riuscire a farmi pubblicare. E comunque quell’anno è stato solo l’inizio: anche in seguito mi è capitato di considerare finito un manoscritto che a una seconda lettura si è rivelato assolutamente improbabile. Nel frattempo ne avevo cominciati altri. Ho dovuto aspettare sette lunghi anni prima che mi pubblicassero.

Insomma, quel che sto cercando di farvi capire è che vi siete infilati in un giochetto destinato a durare parecchio e che, per quanto vi possano sembrare piccoli i vostri progressi, ogni millimetro è un passetto avanti. Anche se a voi non sembra granché, smettetela di concentrarvi solo sull’avanzamento del romanzo che avete per le mani e cominciate a osservare la vostra evoluzione come scrittori. In questo modo potrete vedere la faccenda sotto un aspetto più positivo.

Torniamo al romanzo e dunque al mucchio di fogli sparsi di cui abbiamo già discusso (scene scritte a metà, appunti, idee appena abbozzate). Li avete sparpagliati davanti a voi e poi li avete disposti in ordine cronologico; quindi siete passati a riempire i buchi. Adesso state per imbarcarvi nella fase più ingrata, la vera faticaccia.

È quella che mi piace meno, quella in cui m’impongo un traguardo di un certo numero di pagine al giorno. Parto dall’inizio e vado avanti, sputando fuori le parole in modo da riempire le parti mancanti.

Lo trovo un lavoro difficilissimo perché comporta la scrittura di quei passaggi che avevo lasciato in sospeso e delle scene di raccordo (io le chiamo “scene-riempitivo”) che legano insieme i vari picchi narrativi. Una volta, in una recensione del mio primo libro (per il resto molto negativa) un critico sottolineò il mio “talento per l’attimo epifanico”. Dovetti ammettere, non senza irritazione, che aveva ragione.

Quel mio romanzo d’esordio era discontinuo: le scene salienti andavano bene, quelle di raccordo un po’ meno. E sono proprio quelle che comportano la fatica peggiore, perché richiedono una riscrittura più profonda, almeno secondo me. Ma è una fase che riserva anche sprazzi di felicità, soprattutto quando ci si rende conto che si può tranquillamente eliminare una scena con cui si sta lottando da un po’: è un attimo di pura beatitudine.

Altre volte, invece, bisogna buttare giù le scene difficili sapendo che prima o poi verrà un faticoso lavoro di riscrittura. Di tanto in tanto poi bisogna rassegnarsi a lasciare delle scene sotto forma di appunti e passare ad altro.

**Una volta ho consegnato **al mio agente un manoscritto che ritenevo completo e che invece aveva un bel buco al capitolo 10, dove avevo scritto soltanto: “Qui, grossa discussione”. “Scusa, Louise, cos’è questo?”, mi ha chiesto. “Oh, mi spiace”, gli ho risposto. Rileggendo non mi ero neanche accorta della nota perché non avevo nessuna voglia di scrivere quella discussione. La fase della faticaccia è dura, e forse al momento non avete voglia di cimentarvi.

Però posso assicurarvi che dà anche molte soddisfazioni perché si vede il numero delle cartelle salire man mano e si comincia a scorgere il traguardo della vera prima bozza.

E il merito è tutto vostro.

Internazionale, numero 681, 22 febbraio 2007

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