11 dicembre 2014 12:45

La parola “mafia” era già scritta nero su bianco nell’ordinanza che dispose i primi 37 arresti, il 2 dicembre. Ora, nell’inchiesta su Mafia capitale, l’organizzazione criminale di stampo mafioso scoperta dalla procura di Roma, spuntano anche i legami con la ’ndrangheta. I due arresti di questa mattina, infatti, conducono a una cosca della provincia di Vibo Valentia, in Calabria.

Corriere della Sera. Un presunto patto tra Mafia capitale e la ’ndrangheta è al centro del nuovo filone d’indagine che ha portato questa mattina all’arresto di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero. I due sarebbero stati inviati da Salvatore Buzzi, il fondatore della cooperativa di ex detenuti 29 giugno, a parlare con gli esponenti della cosca Mancuso di Limbadi, egemone nella provincia di Vibo Valentia. Da una parte, Buzzi avrebbe cercato una protezione in Calabria per le sue cooperative. Dall’altra, aveva affidato l’appalto per la pulizia del mercato Esquilino di Roma a Giovanni Campennì, “imprenditore di riferimento della cosca”.

Il Post. Ancora più d’attualità dopo gli arresti di oggi la riflessione di Luca Sofri sul cuore dell’indagine condotta dalla procura di Roma: “Il tema più importante che riguarda l’inchiesta e che non viene molto spiegato è la sua ambizione di contestare agli accusati l’associazione di stampo mafioso”. Solo se i magistrati riusciranno a ottenere il riconoscimento del 416 bis (l’articolo del codice penale che descrive il reato stesso di “associazione di stampo mafioso”) “l’inchiesta avrà ottenuto il suo risultato confermando ciò che sostiene e provando a smantellare un ‘sistema’ che, mafioso o no, a Roma esiste”.

La Repubblica. “Un amico mi disse che Buzzi andava dicendo che ora ‘mi aveva in pancia’. Sì, così diceva: ‘Ora, ho in pancia quella lì del Sorriso’. Mi infuriai”. È un racconto inquietante quello consegnato a Carlo Bonini da Gabriella Errico, la presidente della cooperativa sociale Il Sorriso che gestiva il centro per richiedenti asilo e minori preso d’assalto un mese fa a Tor Sapienza. Destinato forse a riscrivere la storia di quelle ore in cui la periferia romana sembrava in fiamme. Dopo due giorni d’assedio Errico riceve la telefonata di Salvatore Buzzi. “Ora faccio un paio di telefonate”, le disse, rassicurandola. “Non capivo cosa c’entrasse Buzzi con i fascisti”, racconta Errico. I minori furono portati via dal centro Il sorriso, Buzzi le fissò un appuntamento: “Voleva parlarmi di come intendeva dividere la torta dei ‘misna’”, che sta per “minori stranieri non accompagnati. Per fortuna il 2 dicembre lo hanno arrestato”.

Il Giornale. Il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti pubblica oggi una rettifica di Marco Di Stefano, il deputato del Partito democratico indagato all’interno di un’altra inchiesta, per una presunta tangente da due milioni di euro sull’affitto di due immobili del costruttore romano Pulcini da parte di una società della regione Lazio. Il nome Di Stefano, come avevamo scritto ieri – era citato in una intercettazione di Mafia capitale sulla Nuvola, il centro congressi in costruzione all’Eur. “Nella certezza che non sono io la persona di cui si parla”, afferma il deputato, “posso solo immaginare che trattasi di un caso di omonimia”.

Il Messaggero. Un reportage firmato da Claudio Matricola racconta il racket dei finti inscritti al Partito democratico romano. Con tanto di tariffario: “Dieci euro per un voto alle primarie, 20 per una nuova tessera”. E poi i pulmini per portare la gente a votare, la crescita “impetuosa” del tesseramento, l’avvento dei “signori delle tessere”. Nella stessa pagina la cronaca dell’assemblea del Pd romano, riunito ieri dal neocommissario Matteo Orfini fuori dalla sala Elsa Morante, nella periferia del Laurentino 38. Mentre un articolo di Sara Menafra e Valentina Errante racconta la “visita” in procura di Ignazio Marino, che ha consegnato al procuratore capo Giuseppe Pignatone tutte le carte relative alle gare bandite negli ultimi anni dal comune di Roma.

Il Fatto Quotidiano. Sul sito del Fatto, una lettera firmata “Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa 29 giugno” pubblicata il 14 maggio 2014 dal quotidiano romano il Tempo. Si proclama “iscritto al Partito democratico”, tanto per “sgombrare il campo dagli equivoci”. E protesta per l’arresto dell’ex ministro Claudio Scajola, sospettato di aver aiutato la fuga del latitante Amedeo Matacena in Libano.

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