24 febbraio 2016 12:34

Cos’è. What happened, miss Simone? è un documentario realizzato da Liz Garbus e prodotto da Netflix con il coinvolgimento di Lisa Simone Kelly, che racconta la vita di sua madre, ovvero Eunice Kathleen Waymon, in arte Nina Simone. È un film di montaggio fatto di concerti, interviste e documenti d’epoca (è stata in attività dal 1954 al 2003), intervallati da qualche intervista realizzata dopo la sua morte ai suoi compagni di viaggio. Per quanto Nina Simone sia stata un’interprete molto nota e importante, questo documentario per la prima volta fa chiarezza su tutti i lati della sua vita: dagli inizi come prodigio del pianoforte classico, ai primi successi come cantante e pianista, all’impegno politico, fino agli aspetti più delicati della sua vita personale. Il film è candidato come miglior documentario ai prossimi Oscar.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Com’è. Scrittura, flusso del racconto e materiale di repertorio sono impeccabili. Ma quello che rende What happened, miss Simone? particolarmente interessante è il soggetto, cioè la vita di Nina Simone. Interviste, esibizioni dal vivo, fotografie, pagine del diario personale e fotografie delineano un’esistenza tortuosa e straordinaria nel senso letterale del termine: per niente comune.

Molto portata per il pianoforte, Nina Simone intraprende da bambina la carriera di pianista, coltivando il sogno di diventare la prima concertista nera di tutti i tempi. Da lì si passa alla fase in cui comincia a cantare per mantenersi, e presto il mondo si accorge del suo modo di interpretare jazz e soul con un misto di rigore e passione, uno stile pianistico figlio di Bach più che dei classici americani, e un vigore espressivo fuori dell’ordinario. Nel contempo il suo manager e marito la sfrutta e la picchia, mentre il disturbo bipolare di cui la cantante soffre diventa sempre più ingombrante (ed è raccontato con onestà e tatto rari). Nel periodo della lotta per i diritti civili, Nina è la cantante del movimento, anche a costo di perdere la sua identità pop. E poi ci sono l’Africa, l’oblio, l’esilio europeo, un percorso molto difficile che porta agli ultimi anni – molti la ricorderanno anche all’auditorium di Roma nel 2002 – a una certa complicata serenità.

Perché vederlo. Per prima cosa What happened, miss Simone? è un documentario sostanzioso, montato con quella sapienza che rende tutti gli elementi efficaci e nessun cambio di ritmo troppo brusco. Poi Nina Simone è una specie di Forrest Gump (vero, non inventato) della storia della musica americana e afroamericana dagli anni cinquanta agli anni novanta, perché è stata davvero ovunque, dalla Playboy mansion alle marce di Selma, in Alabama.

Solo per questo, se anche non si prova un trasporto nei confronti della donna e dell’artista, il film è un documento prezioso. Poi c’è il fatto che Nina Simone è un’artista di qualità indiscussa, fuori dal coro dal punto di vista vocale, musicale e interpretativo, e qui la cosa si vede assai bene. Per finire, si racconta anche la storia di una persona che ha vissuto con un disturbo mentale grave per tutta la vita, e insieme al suo disturbo bipolare ha attraversato la società, la musica, la cultura e le vite di moltissime persone.

Perché non vederlo. Se non amate la musica, lasciate stare.

Una battuta. My mother was Nina Simone 24/7. And that’s where it became a problem.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it