24 dicembre 2015 12:30

Tutti i racconti del numero di Internazionale 1134, Storie, sono stati scelti da Motoyuki Shibata, traduttore di letteratura statunitense e docente all’università di Tokyo. Nel 2008 Shibata ha fondato Monkey Business, una rivista che pubblica in inglese il meglio della letteratura giapponese contemporanea.

Gli ultimi vent’anni di storia giapponese si potrebbero riassumere con un’unica parola: catastrofe. Nel gennaio del 1995 il terremoto di Kobe uccise più di seimila persone e due mesi dopo l’attentato con il gas sarin nella metropolitana di Tokyo dimostrò quanto fosse vulnerabile la nostra capitale: una catastrofe naturale distrusse una città e una catastrofe a opera dell’uomo traumatizzò il paese.

Poi, a marzo del 2011, si è verificata la peggior combinazione possibile di catastrofe umana e naturale: al terremoto e allo tsunami che hanno ucciso 15mila persone si è aggiunto il disastro nucleare di Fukushima. Intanto il divario tra ricchi e poveri aumenta, la popolazione invecchia, la rete di sicurezza sociale non è più solida come un tempo e i giovani crescono con la sensazione che non vivranno mai bene come i loro genitori.

La letteratura giapponese di oggi riflette questa situazione poco incoraggiante? In una certa misura sì. Alcune delle storie tradotte in questo numero trasmettono un senso di ansia, rabbia e vulnerabilità. Più in generale, il terremoto e l’incidente nucleare del 2011 hanno fatto riflettere i nostri scrittori, che oggi hanno una visione più cupa. La sensazione di un mondo che sembra sul punto di crollargli addosso è la stessa che si percepisce nella narrativa statunitense dopo l’11 settembre 2001. Ma la letteratura non è mai solo lo specchio di una società, apre anche spiragli visionari sul passato, sul futuro e perfino su tempi e luoghi che non sono mai esistiti e mai esisteranno.

A volte ci aiuta a mettere il qui e l’oggi in una prospettiva più ampia, altre volte ci invita a concentrare l’attenzione sulle gioie e le sofferenze di piccoli individui come voi e me. La letteratura giapponese di oggi fa tutto questo e non solo.

Penso che stia attraversando una fase molto interessante. Gli scrittori non hanno paura di rischiare, sperimentano strane combinazioni di elementi familiari e sconosciuti. Alcuni non si allontanano mai dal realismo, ma la maggior parte passa continuamente dalla realtà al sogno. E i lettori apprezzano. Si sente dire che in Giappone i lettori di opere narrative sono diminuiti. Forse è vero, ma chi le legge lo fa perché le ama davvero. C’è molto fermento ed entusiasmo, sia tra gli scrittori sia tra i lettori.

Con le storie che ho selezionato non pretendo di rappresentare l’intero panorama. Come potrei in così poco spazio? Ho dovuto lasciare fuori molti magnifici scrittori, soprattutto perché le loro opere migliori sono romanzi o racconti più lunghi. Ho cercato tuttavia di dare un’idea di quanto sia ricca e varia la narrativa giapponese di oggi.

Le voci del Giappone

Hideo Furukawa è noto soprattutto per i suoi romanzi. Il suo ultimo libro è una parziale riscrittura del Genji monogatari, scritto nell’undicesimo secolo e considerato il primo romanzo giapponese. Il racconto pubblicato in questo numero è la prima puntata di una serie sull’apocalittica città di Tokyo. Mina Ishikawa è una poeta di tanka, una forma tradizionale di poesia in cui introduce molte interessanti novità. Hiromi Kawakami è amata sia per le sue delicate storie d’amore sia per i suoi bizzarri racconti fantastici. Anche nelle sue storie d’amore, il fantastico è sempre in agguato. Mieko Kawakami ha vinto diversi premi per le sue poesie ma è anche romanziera, saggista e cantautrice. In ogni libro riesce a creare una voce nuova, e sempre con risultati emozionanti.

Haruki Murakami è uno scrittore di fama internazionale che ha ispirato molti autori più giovani. Era in Italia quando ha scritto il racconto pubblicato in questo numero. Kenji Nakagami è un po’ un intruso in questa raccolta. Da molti considerato il più importante scrittore giapponese del dopoguerra, meriterebbe di essere più tradotto. Sotto l’influenza di William Faulkner ha creato una saga ambientata nella regione di Kumano. Masaya Nakahara è uno scrittore molto particolare che mescola abilmente cliché e banalità. Come altri scrittori giapponesi moderni, è anche musicista e ha al suo attivo molti album di musica noise. I Nishioka sono fratello e sorella, e ormai sono diventati autori di culto. Yōko Ogawa è una delle più popolari scrittrici giapponesi di oggi. È nota per la sua scrittura meticolosa e per la delicatezza con cui delinea i personaggi, ma a volte sulle sue storie incombe un senso di minaccia. Tomoka Shibasaki scrive dei giovani delle città in una prosa ricca di sfumature. È laureata in geografia umana e il senso del luogo è uno degli aspetti più affascinanti delle sue storie.

Questa rubrica è stata pubblicata il 23 dicembre 2015 a pagina 5 di Internazionale, con il titolo “C’è fermento in Giappone”. Compra questo numero| Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it