09 marzo 2015 15:41

C’è un mare di informazioni in giro. Nel suo nuovo libro The organized mind, lo psicologo Daniel Levitin osserva che ne consumiamo cinque volte più di quanto non facessimo nel 1986. Se prendessimo la quantità di informazioni che ognuno di noi riceve, ne scrivessimo ogni byte su un cartoncino e sparpagliassimo a terra tutte quelle schede, copriremmo il Massachusetts e il Connecticut. Ma poi arriva la vera bomba: in realtà non soffriamo affatto di un sovraccarico di informazioni. Il nostro cervello è bravissimo a immagazzinare dati: secondo alcuni scienziati, quasi tutto quello che abbiamo vissuto è lì da qualche parte. Il che è un sollievo. Non devo preoccuparmi del fatto che ricordare a memoria il testo completo di un musical possa occupare lo spazio che mi serve per qualcos’altro.

Ma, se abbiamo la sensazione di essere sommersi dalle email e dalle liste di cose da fare, questo non ci consola molto. Secondo Levitin il problema non è lo spazio di archiviazione, ma come recuperare e usare le informazioni. Tutto sta nel ricordare la cosa giusta al momento giusto senza lasciarsi distrarre dal resto. Ed è sempre più difficile: “L’era dell’informazione ha scaricato sulle spalle di tutti noi buona parte del lavoro che prima svolgevano alcune categorie di persone specializzate”. Le agenzie di viaggio, i rappresentanti di commercio e i dattilografi sono stati sostituiti da noi, che dobbiamo trovarci i voli, scoprire quale frigorifero ci conviene comprare e rispondere alle email. Questa distinzione tra sovraccarico e gestione delle informazioni è fondamentale, perché i due problemi implicano soluzioni diverse. Non dobbiamo ridurre le informazioni che consumiamo (per esempio, rinunciando ai social media o prendendoci una vacanza da internet), ma trovare sistemi migliori per organizzarle.

Levitin suggerisce di “spostare il peso dell’organizzazione dal nostro cervello al mondo esterno”. Presidenti e celebrità assumono persone per “filtrare le informazioni”, e questo permette loro di concentrare l’attenzione su quello che è più importante. Ma anche se non possiamo permetterci una schiera di segretari, possiamo sempre usare il mondo reale. I suggerimenti specifici di Levitin non sono niente di sconvolgente. Uno è lasciare sulla porta di casa le cose che dobbiamo portarci al lavoro, in modo da vederle mentre stiamo uscendo. Un altro è creare una serie di schede sulle quali scrivere idee e cose da fare, e poi stabilire il momento in cui passarle in rassegna. Un terzo è il trucco suggerito da Oliver Sacks: lavorare a diversi progetti in stanze diverse, e magari anche usando computer differenti. La semplice possibilità di fare più cose contemporaneamente ci distrae, dicono gli esperti, anche se resistiamo alla tentazione. Non sono idee rivoluzionarie. Ma è interessante vederle non tanto come rimedi isolati per evitare di distrarci, quanto come parte di un piano più ampio per organizzare il flusso di informazioni.

In poche parole, dobbiamo trasformarci in “architetti dell’informazione”: non rinunciare alla tecnologia, ma usarla per adattare il mondo che ci circonda ai nostri scopi. Non abbiamo troppe informazioni da organizzare, ma dobbiamo trovare un modo migliore per farlo.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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