24 giugno 2015 17:08
Illustrazione di Jim Kay per la copertina di Sette minuti dopo la mezzanotte (Mondadori 2012)

Non esiste il “tipico adolescente”: è uno dei segreti dell’adolescenza, e io ero di sicuro un tipico adolescente atipico.

Sentirsi esclusi è alla base del sistema operativo degli adolescenti, anche quando sono molto socievoli e inseriti. Io ero il figlio gay beneducato e molto ansioso di due fondamentalisti cristiani americani. Avrei potuto sentirmi più diverso solo se avessi avuto la coda.

Essere un adolescente significa desiderare con tutto te stesso. Io desideravo follemente che qualcuno mi dicesse che ero a posto, che tutto sarebbe andato bene. Mi commuove anche solo pensare a It gets better (il progetto di Dan Savage e di suo marito Terry Miller per aiutare i ragazzini omosessuali vittime di bullismo), perché ricordo quanto desiderassi disperatamente che qualcuno mi dicesse quelle parole, almeno una volta.

Ci sono stati anche bei momenti, certo. Ma quando mi guardo indietro, vorrei che il me adolescente si facesse almeno un taglio di capelli decente. Avevo quella capigliatura a “puzzola” in stile Bono Vox di Sunday Bloody Sunday. Però lo guardo anche con tenerezza, con affetto sincero. Vorrei tanto potergli dire che se la caverà.

Scrivere per gli adolescenti è fantastico perché si appassionano in modo franco, spontaneo, curioso

Quando scrivo per gli adolescenti, sto scrivendo per il me adolescente. Quello che aveva bisogno di essere preso sul serio e di sentirsi dire che, non importa quanto la vita possa diventare cupa, alla fine c’è sempre la luce.

I miei libri per ragazzi parlano di questo: dell’esigenza di essere ascoltati, di essere trattati come creazioni complesse che non sempre fanno la cosa giusta, ma nemmeno quella sbagliata.

La cosa importante per me, nella serie Chaos e in Sette minuti dopo la mezzanotte (pubblicati in Italia da Mondadori e tradotti da Giuseppe Iacobaci), è trasmettere la complessità delle persone. Ognuno di noi è molte cose contraddittorie nello stesso momento e sbagliare è normale, anche se tutti te lo fanno pesare.

La struttura narrativa in testa

Scrivere per gli adolescenti è fantastico perché si appassionano in modo franco, spontaneo, curioso. E gli adolescenti, se rispettati, ti seguiranno molto più lontano degli adulti, senza la paura di leggere un genere che potrebbe non piacergli o di cui hanno sentito parlar male. Vogliono solo ascoltare una storia.

Parte del processo di scrittura è pensare alla storia, vedere quali idee nascono da altre idee e dove potrebbero condurre. Non comincio mai a scrivere senza conoscere l’ultima riga. Non necessariamente il climax, ma l’emozione che voglio lasciare al lettore. A quel punto di solito ho anche organizzato una struttura narrativa nella mia testa, perciò non mi sento completamente alla deriva quando scrivo, ma sono ancora abbastanza libero da poter fare delle scoperte lungo la strada.

Ho fatto un esercizio con i miei studenti del corso di scrittura creativa all’università di Oxford: gli ho chiesto di pensare a qualcuno a cui vogliono bene e poi scrivere una scena violenta in cui quella persona fosse la vittima. È stato terribile. Perché la violenza non dovrebbe essere dolorosa, potente? Spesso nei libri la violenza è data troppo per scontata. È qualcosa su cui ho voluto riflettere quando ho scritto il personaggio di Todd nella trilogia Chaos: l’eroe di un libro per adolescenti dovrebbe essere capace di lanciarsi in battaglia, e invece lui ha difficoltà con la violenza. È stato importante per me, perché non credo che nella vita reale la violenza sia così facile. Volevo tirare fuori la verità, anche solo la verità letteraria, qualunque cosa sia.

Ricevo spesso delle lettere: so di non essere l’unico scrittore di libri per ragazzi a cui capita, ma a me scrivono ragazzini soli, ragazzini gay, disabili, e anche ragazzini che mi scrivono perché hanno sentito una voce che gli dice qualcosa di diverso dal solito “non sei abbastanza, non vale la pena ascoltarti”, una voce che li considera molto più di un problema da risolvere.

Quando ricevo quelle lettere, ho la prova – con mia sorpresa e gioia – che per quanto la vita possa sembrare cupa, non siamo mai davvero soli.

(Traduzione di Manuela Salvi)

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