27 novembre 2014 18:07

Nell’elenco dei divieti principali che regolano la vita pubblica (e un po’ monastica) dei parlamentari del Movimento 5 stelle (non fare accordi né con la sinistra né con la destra, accontentarsi di un terzo dello stipendio, giustificare le proprie note spese fino al centesimo e così via), ce n’è uno che comporta l’espulsione quasi immediata: partecipare ai dibattiti televisivi che imperversano sulle reti italiane. I parlamentari di Beppe Grillo non vogliono averci a che fare. Il loro mezzo di comunicazione è internet, con i social network, trasparenti e senza filtri, immediati e semplici.

Il problema, però, è che alcuni eletti si sono resi conto che in questo modo comunicavano solo con i loro simili. In altre parole, in un paese dove la televisione è l’unico mezzo d’informazione per l’80 per cento della popolazione, trascurare questo strumento in nome dei princìpi significa darsi la zappa sui piedi.

Il dibattito era già stato aperto due anni fa, quando il Movimento 5 stelle era entrato in parlamento, ed è stato rilanciato dopo i risultati deludenti (se non catastrofici) del partito alle elezioni regionali in Emilia-Romagna (13 per cento dei voti) e in Calabria (4,8 per cento).

“Saremmo a questo punto se avessimo parlato di più con tutti gli elettori e non solo con i nostri sostenitori diretti, e se avessimo comunicato su vasta scala i (pochi) risultati da noi ottenuti nelle istituzioni?”. Se lo chiede chi, nell’M5s, fa pressione su Grillo per convincerlo a rinunciare al suo diktat. Altri invece sostengono che la presenza dei parlamentari M5s in televisione, a fianco dei rappresentanti di altri partiti, finirebbe per “banalizzare” il movimento.

Ma nonostante il divieto e la minaccia di sanzioni, il 23 novembre tre deputati hanno partecipato ad alcuni talk show politici. Qui hanno riconosciuto in diretta le loro responsabilità e hanno soprattutto criticato il leader e il suo guru Gianroberto Casaleggio, colpevoli ai loro occhi di aver trasformato l’M5s in una setta in nome della purezza dei suoi princìpi fondatori.

Adesso si capisce meglio di cosa avevano paura i due: l’esibizione pubblica delle loro divisioni, la rivelazione dell’assenza di una linea ideologica, l’affermazione dei talenti individuali.

La rivolta dei parlamentari “filotelevisivi” sembra però un po’ tardiva. La natura e la televisione hanno orrore del vuoto, e di conseguenza i presentatori e i produttori dei talk show hanno subito trovato altrove quello che i parlamentari dell’M5s gli avevano negato, cioè dibattiti all’ultimo sangue, protagonisti senza peli sulla lingua e dichiarazioni polemiche. Da questo punto di vista, il leader della Lega nord Matteo Salvini li ha pienamente soddisfatti. Invitato ogni giorno e senza mai dire di no anche a un intervento di dieci minuti, è riuscito a risollevare l’immagine di un partito in crisi per gli scandali e le sconfitte elettorali. Salvini sembra ormai l’unico oppositore del governo di coalizione di Matteo Renzi. E questo dovrebbe far riflettere.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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