02 dicembre 2015 12:06

Beppe Grillo si sta stancando della sua creatura. Dopo aver nominato un direttorio per garantire la guida del Movimento 5 stelle (M5s), ha compiuto un ulteriore passo il 17 novembre, facendo ratificare dagli iscritti la decisione di togliere il suo nome dal logo del partito. Questa scomparsa simbolica testimonia la sua convinzione del fatto che il partito sia ormai sufficientemente strutturato e radicato nell’opinione pubblica da poter fare a meno di lui e del suo apporto mediatico.

I sondaggi dicono che l’M5s è uno dei pochi partiti in crescita nelle intenzioni di voto e che attira sempre più elettori giovani e diplomati. Oggi si attesterebbe intorno al 27 per cento, appena dietro al Partito democratico di Matteo Renzi. Non solo: in caso di ballottaggio alle elezioni legislative, previste per la primavera del 2018, il Movimento 5 stelle, che prenderebbe i voti di quelli che voterebbero chiunque tranne Renzi, sconfiggerebbe il Pd.

L’M5s dimostra inoltre, così, di poter sopravvivere senza il suo fondatore. È un fatto piuttosto raro in un paese dove Forza Italia, l’Italia dei valori, Scelta civica e Futuro e libertà per l’Italia rischiano di scomparire senza Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro, Mario Monti e Gianfranco Fini.

La prospettiva di una vittoria ha, naturalmente, fatto nascere un’alternativa a Grillo. La stampa e i militanti hanno individuato il suo sostituto in Luigi Di Maio, 29 anni, vicepresidente della camera dei deputati, tanto posato e impomatato quanto il suo mentore era rumoroso e spettinato.

Secondo un sondaggio pubblicato su la Repubblica il 30 novembre, tra gli elettori del Movimento la popolarità di Di Maio si attesta intorno al 50 per cento, mentre quella di Grillo è passata dal 77 per cento del marzo 2013 al 10 per cento. Insomma, non solo l’M5s non è scomparso, ma è riuscito a far nascere una nuova generazione pronta a prendere il potere.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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